Sia fatta la Giustizia

Estratti dall’opera: Tarot Majors – London 2020. Trad. dall’inglese, adattamento e note di Daniele Duretto

Il sentiero da Chesed a Chokmah

La lettera ebraica che corrisponde all’Arcano VIII è Chet), il cui valore numerico è 8. La corrispondenza astrologica è il segno zodiacale del Cancro.

Il geroglifo per questo Arcano è un campo, che simboleggia tutto ciò che può essere coltivato. Ed è la regione passiva verso cui si dovrebbe dirigere l’attività della Vittoria dell’Arcano VII.

La carta dell’Arcano VIII ha, sullo sfondo, due colonne; davanti ad esse siede una figura femminile: Themis [1]. La fronte della figura è stretta da un nastro dorato; gli occhi sono bendati [2]. Sul suo petto, attaccata a una catena, vi è una croce solare. Nella mano sinistra Themis tiene una bilancia; nella mano destra, una spada. Si assume che la figura sia seduta su una pietra cubica, celata e coperta dalle pieghe della veste. Proveremo ora a interpretare la figura.

La figura è femminile; l’Arcano rappresenta quindi qualcosa di già esistente, già materializzato. Sulla carta vediamo rappresentato tre volte il binario, sempre bilanciato da un terzo elemento. Le colonne (come quelle dell’Arcano II) sono qui neutralizzate da Themis, che siede nel mezzo. L’interpretazione di questo binario è alquanto differente da quella dell’Arcano II. Succintamente sarebbe questa: vedendo Jakin, e con Themis nel mezzo, possiamo dedurre che, sull’altro lato, c’è Boaz. In altri termini: se noi percepiamo quella che simbolicamente definiamo come una delle due forze che compongono la coppia e riconosciamo l’esistenza di un vortice astrale [3], il cui sistema include le forze che vediamo, allora dobbiamo anche riconoscere l’esistenza di una seconda forza che complementa la prima, e che le è quindi eguale, o parallela, ma che punta nella direzione opposta.

Se siamo consapevoli di possedere un’immaginazione attiva al presente, e allo stesso tempo siamo in grado di immaginare alcuni cliché del passato, allora vi è la possibilità che ci si presentino in futuro altri cliché.

Se crediamo nella manifestazione del Divino come Androgino Superno e vediamo in qualunque sua emanazione i tratti caratteristici dell’attività, dell’espansività, di ciò che conosce, allora dobbiamo convincerci dell’esistenza di altre emanazioni di natura passiva e attrattiva che coincidono con il campo di ciò che si può conoscere.

Se c’è giustizia (-) e c’è la possibilità di un’armonia spirituale (n), allora, probabilmente, c’è grazia (+).

Se c’è un’idea di ascesa (+) ed è consentita l’idea di piano (n), allora ci dev’essere l’idea di discesa (-).


Queste formule spiegano il titolo dell’Arcano VIII sul piano dell’Archetipo: “Libratio”, cioè la legge dell’equilibrio della Grande Bilancia Metafisica in cui uno dei piatti sostiene i  valori positivi del Grande Arcano, e l’altro, i suoi valori negativi. Il puntatore della bilancia simboleggia il vertice androginico del Triangolo Ascendente.

La spada nella mano di Themis ci spiega l’Arcano nel campo umano del Ternario teosofico. La spada ci ricorda che c’è la legge di Themis, anche quando siamo condizionati da tempi, luoghi e ambienti e che la trasgressione di questa “Lex” (-) ci porterà a una punizione, dovuta all’azione del principio di equilibrio (n). La parola “Lex” è il nome dato alle regole convenzionali, che si dispiegano entro il tempo e lo spazio, e che sono ineluttabili ad ogni momento dato. Quindi, “Lex” sarà il secondo titolo dell’Arcano.

Con l’altra mano Themis tiene una bilancia – un altro binario – con il suo elemento neutralizzante: il puntatore. Riportiamo questo simbolo nel campo della Natura. Se qualcuno spezza l’equilibrio della bilancia, sarà necessario provocare una reazione mirata a restaurare l’equilibrio. Se qualcuno mettesse un peso da cinque kilogrammi sul piatto sinistro, si dovrebbe, al fine di riequilibrare la bilancia, caricare il piatto alla destra con altri cinque kilogrammi.

Se qualcuno macchiasse il proprio karma con un processo incompatibile con le leggi dell’equilibrio, nei profili individuali all’interno della catena delle sue incarnazioni, allora egli dovrebbe cancellare la macchia e ristabilire l’equilibrio nel momento in cui si imbatte nelle circostanze che ha macchiato.

Il terzo nome dell’Arcano sarà quindi “Karma”. La carta in sé è chiamata “Themis” o “Giustizia”.


Andiamo ora alla valutazione della decostruzione aritmetica dell’Arcano. Iniziamo con la decostruzione a due cifre:

8 = 1 + 7

Il numero 1, o primo Arcano, rappresenta la manifestazione della coscienza e l’applicazione dei principi androginici bilanciati. Il settimo Arcano è quello della vittoria. Quindi, 1 + 7 significa l’applicazione della vittoria. Infatti, il primo dovere, la prima preoccupazione della vittoria dovrebbe consistere nel ristabilimento dell’ordine, della giustizia e della legalità nella regione conquistata. La Giustizia è la “moglie” della vittoria; l’Arcano VIII è la “moglie” dell’Arcano VII.

Ma dov’è che il mago applica il frutto della vittoria mentale? Naturalmente, sul piano astrale, durante la sua attività astrale. Qui dovete ricordarvi della legge della “Libratio” per controbilanciare gli influssi di segno opposto.

Per fare un esempio, abbiamo deciso di suggerire ad un paziente una certa azione; con ciò diamo un impeto mentale. Tuttavia, se noi stessi desideriamo ardentemente che il paziente esegua ciò che abbiamo suggerito, cioè se vi siamo astralmente interessati, creiamo un ostacolo alla formazione della seconda forza indispensabile per creare un turbine astrale, che dovrebbe servire da strumento per la suggestione. In aggiunta a questa seconda forza possono unirsi altri flussi volitivi, che complicano la situazione costringendoci a rinforzare la nostra suggestione. Per evitare tutto questo, controbilanciamo il nostro desiderio con un’assenza di desiderio equivalente in forza; ciò è indispensabile per convincerci che la realizzazione della suggestione ci è indifferente, mentre allo stesso tempo rimaniamo mentalmente convinti che essa dovrebbe accadere. In questo modo, in effetti, la suggestione avrà un risultato ragguardevole. In generale, conseguiamo un risultato migliore se non interferiamo con gli interessi animici personali. È la ragione per cui otteniamo qualcosa più facilmente per gli altri che per noi stessi.

Le stesse regole si applicano alla punizione. Per punire equamente e con prontezza è necessario essere permeati dalla grazia. In generale, se un individuo debole o ignorante si getta in una mischia ed è coinvolto emotivamente, diminuisce le sue possibilità di vittoria; un individuo forte si controlla, sa come attendere per scegliere il momento più favorevole al combattimento.

Poiché parliamo di giustizia, è  naturale voler sapere in che misura e in che modo è consentito a un occultista di punire un suo simile. Il cliché astrale della punizione si forma automaticamente e, secondo l’Arcano VIII, non può che essere la valutazione mentale dell’offesa dal suo simile. Ciò formerà l’asse di un vortice astrale. Il resto si adatterà all’astrale. Comunque, non dovremmo dimenticare che la legge del karma – il polo negativo del triangolo di Fabre d’Olivet – fu stabilita una volta per tutte e agirà anche senza alcuna partecipazione da parte nostra.

Quindi, un occultista illuminato sa di aver diritto alla censura mentale delle azioni dei suoi simili solo nella misura in cui egli stesso partecipa all’opera delle Emanazioni del Principio Primordiale. In altre parole, solo un Teurgo ha il diritto di censurare e, anche così, solo nell’esatta misura in cui egli è realmente un Teurgo.

La teurgia, anche di natura temporanea, richiede una visione del mondo molto chiara e una grande purezza interiore. Quindi, è raro che la partecipazione a una punizione sia in accordo con la Legge.


Le punizioni magiche consentite dall’Illuminismo cristiano per i suoi aderenti sono chiamate collettivamente Reprobatio (letteralmente, condanna). Vi sono tre gradi di Reprobatio: biasimo, dolore per gli atti di un proprio simile e censura.

Il biasimo è formulato come segue: “Sebbene tu sia mio fratello, non voglio condividere con te i cliché delle tue azioni. Noi non siamo insieme”.

Cristo accordava questo livello di punizione ai suoi discepoli nei casi più estremi. La sua formula simbolica è: “Scuoti la polvere dai nostri piedi”.

Cristo stesso, in rari casi, applicava il secondo grado, il grado del dolore per gli atti del prossimo: “Sarebbe stato meglio se quest’uomo non fosse mai nato …”.

Il terzo grado – il rimprovero – colpisce per la violenza e l’inesorabilità delle sue conseguenze. I casi di applicazione di quest’ultimo si possono vedere nella storia di Mosè, che utilizzava ampiamente i metodi teurgici. Non sarà superfluo ricordare gli episodi di Kore, Dathan e Abiran (Numeri 16) [4].

In tempi a noi più vicini, possiamo citare la famosa censura fatta dal Gran Maestro dell’Ordine Templare Jacopus Burgundus Molay [5] dalle fiamme di un rogo all’indirizzo di Papa Clemente V [6] e del re Filippo il Bello [7], chiamandoli alla Corte di Dio, il primo – non più tardi di 50 giorni, e il secondo – non più tardi di un anno. Entrambe le predizioni di morte si avverarono anche prima del periodo specificato.   

Per tutto quanto detto, segue il pericolo della punizione che abbiamo chiamato “maledizione”.

Il grado di forza non è sempre lo stesso. Se, diciamo, un padre maledice suo figlio, allora egli fa affidamento solo sulla sua autorità (quarto Arcano), senza ulteriori Arcani. Ma il diritto di condanna, siccome è collegato all’ottavo Arcano, richiede indubbiamente il passaggio attraverso il sesto e il settimo per mezzo dell’operatore, ovvero la preventiva realizzazione interiore della vittoria ermetica.

In un’altra decomposizione del numero otto con gli stessi termini,

8 = 7 + 1

il numero 1 definisce la superiorità della vittoria personale sulla manifestazione della volontà equilibrata, cioè dell’inerzia consapevole e volontaria del Vincitore.


Passo ora alla decomposizione

8 = 2 + 6

2 = Gnosi = Conoscenza; 6 = la legge di reazione nel mondo; quindi, in generale, il lavoro di un operatore illuminato nel campo dei binari statici e dinamici.

Ma come fa la legge di reazione a espandere la prospettiva mondana di un operatore esperto? Lo ispirerà attraverso la cautela, avvisandolo della possibilità di contraccolpi.

Immaginate qualcuno che opera magicamente, creando e dirigendo un vortice astrale verso una persona per uno scopo particolare. Lo schema dell’operazione magica è il seguente: l’operatore crea un vortice astrale nel modo più efficace possibile e lo dirige verso una persona specifica. Raggiunto l’obiettivo, il vortice causa una manifestazione fisica, il cui cliché si unirà al karma dell’operatore, in direzione positiva o negativa. A volte, tuttavia, il vortice, nonostante sia presente, non ha effetto. Ciò può accadere in tre casi:

  1. Quando il paziente si protegge consciamente dall’attacco concentrando o generando un contro-vortice su un sottopiano equivalente al sottopiano del vortice in arrivo. Questo è il cosiddetto riflesso attivo dell’attacco.
  2. Quando il paziente, al momento del contatto energetico con il vortice, era schermato dall’azione di una potente concentrazione cosciente su un altro oggetto di realizzazione, che è parte di un ciclo di progetti più potenti del piano di attacco. Per esempio, quando il paziente di cui contemplate la morte è occupato in un grandioso piano di creazione o distruzione di collettività, al cui confronto l’odio personale è qualcosa di molto piccolo, insignificante su tutti i sottopiani astrali.
  3. Quando, al momento del contatto con un vortice attaccante, la parte più attiva del pentagramma del paziente fluttua in sottopiani molto più elevati di quelli delle regioni attive del vortice. Per esempio, volete danneggiare una persona che vive, come si dice, al di fuori della sfera degli interessi materiali; o volete augurare la disfatta a una persona immersa esclusivamente in aspirazioni scientifiche e che disdegna tutti gli elementi del carrierismo, o inviare larve o odio a un individuo che prega per i suoi nemici, ecc.

In questi tre casi il vortice non colpirà la persona bersaglio. Tuttavia, la formazione di questo vortice comporterà un certo, per quanto limitato, sbilanciamento nel mondo astrale, e l’equilibrio dovrà essere nuovamente ristabilito creando un cliché corrispondente. Se l’aggressione astrale non ha raggiunto la persona a cui era destinata, essa coinvolgerà inevitabilmente un’altra entità il cui astrosoma rassomiglierà all’essenza del mulinello astrale creato. Questa entità sarà rappresentata in primo luogo dall’operatore stesso, poiché egli ha usato i propri fluidi per la formazione del vortice. Quindi, riceverà quello che in magia è chiamato “contraccolpo”.

Supponiamo che cerchiate di ispirare magicamente l’amore; il vortice si riflette, e voi vi innamorate. Siete stati compromessi, avete fallito; e voi stessi state male, ecc.

Per evitare queste conseguenze indesiderate, i personaggi rappresentativi della magia nera si assicurano contro i colpi di ritorno scegliendo un secondo paziente inconsapevole, istruendo il vortice verso due obiettivi, ma includendo il primo paziente in modo preminente nell’operazione magica. Per esempio, essi dirigono il malanno a voi, con una virata, in caso di insuccesso, verso un cavallo o un cane di famiglia, o verso una persona molto passiva che si ritiene non possa respingere il colpo.

La decostruzione inversa,

8 = 6 + 2

corrisponde al caso in cui la conoscenza (2) è subordinata alla scelta del percorso (6). In altre parole, è la consapevolezza del pericolo che la conoscenza può essere messa al servizio sia dell’evoluzione che dell’involuzione.


Passiamo alla decostruzione

8 = 3 + 5

Qui, la metafisica, cioè il mondo superiore dei ternari (3) permea la vita quotidiana e domina il campo degli impulsi della volontà personale (5). Possiamo chiederci in che modo la metafisica entra nella vita. Trasformando le idee maturate in forme e, per analogia, realizzando il piano concreto, in quanto forme mature.

Un uomo che desidera essere chiamato “giusto” (8) e che ha ampiamente edificato la sua concezione del mondo, ha diritto di elaborarla in un sistema filosofico ordinato. Se non lo fa, creerà una tensione mentale dannosa. Ed egualmente allo stesso modo, sarebbe imbarazzante, avendo concepito un piano con un edificio o un meccanismo così grandioso e ben adattato, non fare alcun tentativo per implementarlo.

La medesima decostruzione può confondere parecchio i cosiddetti sostenitori dell’amore platonico, che pensano di limitarsi alle manifestazioni astrali del campo mentale, dimenticando che si sono incarnati per un motivo e che, inoltre, sono tenuti a non evitare le conseguenze di un esistenza sul terzo piano (fisico). Dopo tutto, questo piano procura un punto di riferimento per il processo astrale di purificazione del karma. Se, sul piano fisico, un essere umano incontra la tentazione dei due sentieri, non può rimanere indeciso, rimandando la scelta a un’incarnazione futura, ma piuttosto deve scegliere consciamente e con fermezza il giusto percorso. Possiamo dire che queste persone, avendo pronunciato י (Iod) e dopo quello ה (He), hanno paura di pronunciare ו (Vau) così da non vedere la seconda ה (He), la bellezza che temono.

La condotta di tali individui è tipicamente incerta e pavida quando ci sono divergenze di opinione in partiti o gruppi. Se offriamo a qualcuno la nostra partecipazione, la si dovrebbe offrire su tutti e tre i piani. Se odiamo, allora è preferibile odiare su tutti e tre i piani.

Le persone che hanno una certa convinzione sul piano mentale, e il cliché di questa convinzione ben formato sul piano astrale e, nonostante ciò, mantengono la “neutralità” sul piano fisico, sono chiamati dal Cristo “tiepidi”, per differenziarli dai “caldi” e dai “freddi”. Vi può essere facilmente una mutua inversione tra un “caldo” e un “freddo”, ma non si può far nulla con un essere amorfo, sempre pauroso, “tiepido”.

Ciò fu ben compreso dai Massoni degli ultimi tre secoli (XVII, XVIII, XIX). Nel corso dell’iniziazione al 30mo grado scozzese, il più alto dei gradi ermetici, il futuro Cavaliere Kadosh, prima di profferire il giuramento, era chiamato a simulare l’omicidio di un traditore Framassone allo scopo di testare quanto odiasse i suoi nemici. Il candidato all’Iniziazione non sapeva che quello che stava colpendo era il cuore di un montone con il fianco rasato, e pensava sinceramente di essere l’esecutore degli ordini dell’Areopago [8] per punire il fratello traditore.

La simulazione dell’omicidio sotto queste condizioni macchiava naturalmente il karma collettivo della catena massonica ed oscurava il suo egregoro, ma questo inconveniente fu tollerato per la necessità di riconoscere il “caldo” dal “tiepido”.

La decostruzione opposta

8 = 5 + 3

può essere ben illustrata dal modo di procedere di chi adatta la sua logica e la sua metafisica alle manifestazioni personali. “Mi piace, quindi è adatto a questo o a quello” – questo è il ragionamento dell’uomo di tipo 8 = 5 + 3. Non sono necessari altri commenti.


Andiamo alla decostruzione

8 = 4 + 4

la più caratteristica dell’Arcano che stiamo studiando. Il 4 si oppone al 4, cioè la forma alla forma; l’autorità all’autorità; l’adattamento (adaptatio) all’adattamento. Se offendiamo qualcuno (una forma) dovremo (analogamente) scusarci; è stato creato un governo rivoluzionario (un’autorità), una dittatura vi si oppone (un’altra autorità); qualcuno ha ideato uno stratagemma per aggirare o infrangere la legge (un adattamento), la polizia agirà in modo appropriato per arrestare il colpevole (un altro adattamento). È una formula generale del karma e anche della giustizia mondana.

Il contrasto delle forme è prevalente in magia, il contrasto di autorità in politica, e l’opposizione degli adattamenti (domanda e offerta) in campo economico.


Terminato lo studio aritmetico dell’Arcano, torniamo ai pentacoli più conosciuti. Ve ne sono due.

Il primo è chiamato la “Ruota di Ezechiele” o “Ruota di Pitagora”, in base allo stilema simbolico. Il secondo è conosciuto come “Pentacolo della Realizzazione”. La ruota di Ezechiele nell’interpretazione delle scuole rosacruciane è rappresentata nella figura a fianco.

La croce con le linee continue dà lo schema del quaternario י ה ו ה (IHVH), cioè quello delle dinamiche cicliche. La croce con le linee tratteggiate o il quaternario INRI rappresenta l’anagramma di una delle tre proposizioni seguenti [9] :

  • Igne Natura Renovatur Integra
  • Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum
  • In Nobis Regnat Iesus

Abbiamo già incontrato la prima proposizione, che chiarisce il ruolo del “Fuoco” come elemento di purificazione e rinnovamento, che indica i mezzi per muovere la “Ruota” e passare da un ciclo a un altro nel corso del processo creativo. La seconda proposizione segnala l’importanza del sacrificio di redenzione del Cristo nell’evoluzione della “Ruota”. La terza proposizione – il motto dei primi Rosacruciani – si traduce letteralmente come “Gesù regna in noi” e, naturalmente, non dovrebbe essere intesa nel senso di orgoglioso isolamento dell’iniziato in relazione al profano, ma come un’indicazione del dovere per ciascuno di cercare il Cristo dentro il suo cuore e, attraverso questa ricerca, di muovere il quaternario degli elementi nella direzione evolutiva.

L’iscrizione circolare ROTA indica la direzione di rotazione del quaternario  י ה ו ה : da R a O, cosicché י va nella seconda ה – in altre parole nella direzione della ricerca causativa.

La figura è formata da otto linee a rappresentare i raggi di una ruota e suggerisce l’idea di una ruota che gira in un’altra ruota (vedi Ezechiele 1:15-21).


La “Ruota di Pitagora” differisce dalla precedente nei seguenti particolari:

  • In luogo delle lettere י ה ו ה e INRI vi sono le stelle a cinque punte.
  • Non vi è nessuna indicazione sulla direzione del movimento.
  • All’interno della ruota vi sono dei glifi integrativi che simboleggiano le sette cause secondarie (i pianeti), così come due lettere greche (alfa e omega), il cui significato è identico a quello del lingam, la fertilizzazione del principio passivo da parte di quello attivo.

La figura è formata dall’’intersezione delle linee continue al centro del piano fisico, che si presenta come una piccola isola circondata dalle acque dell’astrale (il cerchio interno) che, a loro volta, soni insignificanti comparate all’immensità del mentale (cerchio esterno). Un’analisi più concreta del pentacolo ci porta nel campo dell’astronomia. Il cerchio esterno rappresenta l’universo stellato; il cerchio interno, il nostro sistema solare, e i raggi continui centrali la vita elementale sul nostro piccolo pianeta.


Il “Pentacolo della Realizzazione” appare così:

Lo sfondo è nero (l’astrale inferiore); il quadrato esterno è color argento e rappresenta una struttura preparata in anticipo, passiva, entro cui si dovrebbe fare qualcosa. Il quadrato interno è dorato (l’attivo che porta al compimento). Le lettere che ripetono il Grande Nome devono essere del colore del fuoco, perché corrispondono all’asserzione “Igne Natura Renovatur Integra” (Tutta la Natura è rinnovata dal Fuoco).

Si utilizza il pentacolo quando vi è bisogno di concentrarsi sulla realizzazione di un progetto, un’attività, un’associazione, o anche su un qualcosa di più astratto, ma sempre di importanza rilevante.

La forza generata dall’ottuplice ripetizione di י ה ו ה sarà analizzata nell’Arcano X.

Note sull’Ottavo Arcano

Con l’ottavo Arcano, andiamo a commentare le qualità sacre associate al numero otto nelle tradizioni misteriche d’Oriente e d’Occidente.

Nel Tarocco Pitagorico di John Opsopaus [10] , che troviamo particolarmente utile per apprendere  i significati numerici degli Arcani Minori, il numero otto appare come una porta che separa i livelli inferiori dai gradi superiori del conseguimento rappresentati dal nove e (specialmente) dal dieci.

In questo sistema si insegna che i Cancelli dei quattro Otto sono sbarrati dalla Rivalità (Bastoni), dalla Memoria (Spade), dall’Illusione (Coppe) e dall’Inerzia (Pentacoli/Denari) e qui possiamo vedere una forma di giustizia: Non si può oltrepassare la soglia dei livelli superiori senza gli opportuni conseguimenti e il grado di maestria appresi grazie agli Arcani precedenti.

In Meditazione sui Tarocchi di Tomberg, è detto che l’Arcano della Giustizia insegna a mantenere l’equilibrio interiore, come indicato dalla bilancia tenuta dalla donna dell’immagine. Viene anche ricordato il primo comandamento,

Non avere altri dèi al mio cospetto

Esodo 20:3

che indica che non siamo qui per “sostituire la realtà spirituale di Dio con un’astrazione intellettuale di Dio”.

Ricordiamoci che per giudicare propriamente ed equamente dobbiamo essere consapevoli dell’estensione della nostra conoscenza e dell’ignoranza relativa all’argomento in questione. Non potendo conoscere l’anima altrui, il nostro giudizio umano non si imprime sulle anime degli altri.

Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra.

Giovanni 8:7

Ci è anche naturale considerare l’Albero della Vita nel contesto di questa carta, dove la Giustizia tiene la bilancia tra le colonne della Grazia e della Severità, assicurandosi che il karma sia vinto dalla “giustizia della grazia”.


[1] Nella mitologia greca Themis (gr. Θέμις) è la dea che personifica la giustizia, la legge, l’ordine divino e le consuetudini. Nella teogonia esiodea è uno dei dodici Titani figli di Gaia e Urano, nonché la seconda moglie di Zeus. È associata agli oracoli e alle profezie.

[2] Nei mazzi tradizionali del Tarocco La Giustizia non è bendata. In effetti, la bendatura è un’applicazione tarda (XVI sec.) alle statue rappresentanti la Justitia dei Romani o la Dike dei Greci, la dea delle norme e delle convenzioni sociali, figlia di Zeus e di Themis. Con il tempo, la benda è diventata simbolo dell’imparzialità della giustizia.

[3] Per approfondimenti sul vortice astrale, vedi La Papessa.

[4] In Numeri 16 si narra della rivolta di Kore, della tribù dei Leviti e di Dathan e Abiran, della tribù di Ruben, contro Aronne e Mosè, rei secondo loro di esercitare le prerogative sacerdotali e teocratiche a scapito degli altri israeliti. Invocato Mosè il giudizio divino, i tre ribelli con le loro famiglie e i loro 250 seguaci sprofondarono vivi sottoterra sino agli inferi. Il popolo, turbato dall’avvenimento, si radunò contro Mosè ed Aronne, e il Signore disse a Mosè che avrebbe estirpato l’intera comunità. Aronne iniziò a compiere un rito espiatorio per interrompere il flagello, ma prima che potesse fermarlo erano già morte 14000 persone.

[5] Jacques de Molay (c. 1240 – 1314) fu il 23mo ed ultimo Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri Templari fino al 1312, quando l’Ordine fu dissolto fa Papa Clemente V. Filippo IV di Francia, pesantemente in debito con i Templari – che erano noti per possedere molte ricchezze – ordì delle false accuse contro di loro costringendoli a confessare fatti mai commessi. Quando Molay ritrattò la sua confessione, Filippo lo immolò sull’Ile de la Cité di fronte a Notre-Dame.

[6] Papa Clemente V (1264-1314) fu a capo della Chiesa Cattolica e governatore degli Stati Papali dal 1305 sino alla sua morte al 1314. È ricordato per aver soppresso l’ordine dei Cavalieri Templari, consentendo l’esecuzione di molti dei suoi membri, e per la violenta repressione contro il movimento Dolciniano in Lombardia. Fu il Papa che spostò il Papato da Roma ad Avignone. Secondo i resoconti dell’epoca, durante l’esposizione pubblica della sua salma, un fulmine colpì la chiesa dove giaceva, e il successivo incendio che ne scaturì carbonizzò completamente il corpo.

[7] Filippo IV (1268-1314) fu re di Francia dal 1285 al 1314. Il suo regno fu caratterizzato dal tentativo di ridurre il potere della nobiltà e del clero ponendo a capo dell’organizzazione del regno un organismo statalizzato e centralizzato. Ma a causa dell’elevato numero di personale amministrativo impiegato e dei costi delle guerre sostenute contro l’Inghilterra e le Fiandre, il governo andò in deficit. Visto il debito sostanzioso con i Templari, Filippo mosse contro l’intera organizzazione con false accuse per liberarsi dell’impegno finanziario con loro, giungendo sino alle torture degli affiliati e al rogo per il Gran Maestro Jacques de Molay. Filippo morì per un ictus nello stesso anno dell’esecuzione di Molay.  

[8] L’Areopago (gr. Ἄρειος Πάγος, la Collina di Ares) era nell’antichità classica la corte giudiziaria ateniese che si occupava dei casi di omicidio e di materie religiose.

[9] A parte la seconda proposizione, utilizzata nel Nuovo Testamento in riferimento a Gesù come re dei Giudei, le due rimanenti sono reinterpretazioni utilizzate per veicolare significati alchemici ed esoterici. A queste si deve aggiungere Intra Nobis Regnum deI (oppure Intra Nobis Regnum Jehova), il Regno di Dio è dentro di noi.

[10] John Opsopaus, americano del Tennessee, è un praticante neopagano della tradizione ellenica. È stato per 25 anni professore universitario di greco e latino.

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