L'essere e il suo divenire

So che, mortale, per un sol dì son nato, ma se degli astri la folta schiera inseguo nel loro circolare moto, i miei piedi non toccano terra e salgo sin presso Zeus, nutritore di dèi, a saziami d’ambrosia.

Tolomeo – Astrologia Palatina, IX, 577

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La semplicità di utilizzo dei transiti ha largamente contribuito alla loro diffusione quale sistema elettivo nella stesura di previsioni a medio e lungo termine. È indubbio che tale semplicità ha ottenuto, quale effetto secondario, di ‘volgarizzare’ la prassi interpretativa, riducendola spesso ad un mero esercizio di mantica da rotocalco, del tipo “Mercurio in aspetto benefico con Giove vi promette viaggi ricchi di incontri interessanti”. La volgarizzazione è andata di pari passo con la diffusione indiscriminata a livello mediatico di simili esposizioni, per di più prese a pretesto da sedicenti ‘Comitati contro la Diffusione dell’Occulto e delle Superstizioni’ come buona occasione per riaffermare la superiorità del pensiero scientifico. D’altro canto, non tutto il male viene per nuocere: l’esistenza di un sistema previsionale ‘amichevole’ ha ampliato il ristretto cerchio dei beneficiari dell’astrologia.

Perchè i transiti

La  metodologia dei transiti si attesta, nel variegato panorama dei sistemi previsionali, in tempi relativamente recenti. Il cambio di prospettiva originato dal progressivo orientamento eliocentrico del pensiero copernicano [1], verso il finire del Cinquecento, è lo scotto che l’astrologia deve pagare onde prepararsi al prossimo avvento dell’Illuminismo. L’eliocentrismo prevede, come è noto, l’abbandono del punto di vista geocentrico – con la Terra come luogo privilegiato di osservazione dei moti celesti – in vista dell’adeguamento a una meccanica celeste concepita con presupposti obiettivi, dove il Sole è il motore centrale ed effettivo del sistema stesso.

Da un punto di vista convenzionalmente accettato il riorientamento prospettico seguìto all’evoluzione del pensiero nel Rinascimento europeo e nel successivo corso illuministico della storia ha prodotto un’impennata logaritmica nel progresso dell’umanità. Conoscenze come quelle dell’astrologia o dell’alchimia sono ora lette come prototipi, se vogliamo balbettii, dell’astronomia e della chimica moderne.

Accantonando l’ipotesi dello sviluppo lineare per abbracciare una visione del mondo simbolica, più vicina all’intima essenza dell’uomo, il progresso scientifico si rivela come un allontanamento, una lacerazione della continuità che lega l’individuo al mondo esterno, l’osservatore al fenomeno. Il tentativo di spiegare i fenomeni  ‘obiettivamente’ causa di fatto una separazione, così traumatica da essere fonte di tutti i miti sulla caduta e sulla perdita dell’unità originaria.

È superfluo qui ricordare che la conoscenza del sistema eliocentrico, così come della sfericità della Terra, erano note nell’antichità. Ma l’astrologia per sopravvivere dovette comunque affrancarsi dalle sue radici magico-simboliche, eternamente valide,  per vestire i panni ammodernati di una scienza che, come tutte le scienze, passa per sperimentazioni e prove ripetute. Il transito, in quanto momento astronomico determinabile attraverso l’osservazione e il calcolo dei moti celesti reali, è in un certo senso il testimone astrologico del nuovo corso di pensiero che investe tutti i campi dello scibile, e che in quanto tale tenta di conciliare due differenti concezioni del mondo, quella magica e quella razionale. 

La questione relativa alle effettive conoscenze, da parte degli antichi, dei moti celesti è ancora dibattuta. Si è certamente di fronte a una precisa  scelta filosofica (la cosmogonia è antropocentrica, quindi a tutti gli effetti è il cielo a muoversi). Ma Cicerone afferma ad esempio:

Iceta Siracusano [2] ritiene… che il cielo, il Sole, la Luna, le stelle… siano immobili, e che tranne la Terra nulla nel mondo si muove.

Cicerone – Academica Priora, 1. II, 33

A questo punto è lecito chiedersi:  quanto vale una metodologia ibrida? Se i transiti non fanno parte del corpus tradizionale dell’astrologia, che basa le sue predizioni su chiavi eminentemente simboliche, che valore possiamo dedurne? La risposta appare sfumata: lo stesso oroscopo natale nasce dall’osservazione dei transiti per un luogo e un momento dati. In realtà non si tratta qui di stabilire la liceità o la sensatezza di un metodo, quanto di comprenderne il senso. Il transito è un’estensione alle metodologie tradizionali resa possibile dallo spazio dato alle nostre facoltà razionali, in grado ora di cogliere correlazioni significative dai movimenti ciclici dei pianeti grazie alle conoscenze acquisite sulla meccanica dei loro moti. Un discorso analogo va citato a proposito dei pianeti transaturniani (Urano, Nettuno e Plutone): prima della loro scoperta essi non esistevano ai nostri occhi e alle nostre menti, e di fatto l’umanità non era matura abbastanza da cogliere nelle esperienze del mondo un riflesso del loro simbolismo. Ma proprio l’avvento della razionalità ha reso possibile lo sviluppo di quegli strumenti, estensioni della facoltà visiva, in grado di rivelarli; ed è ancora il pensiero razionale a fungere da utero per lo sviluppo di azioni, manufatti ed esperienze umane che proprio nel simbolismo dei pianeti transaturniani trovano il loro specchio cosmico.

Direzioni e transiti

Le direzioni, primarie o secondarie che siano, conducono un pianeta o un punto sensibile del tema natale verso la formazione di un aspetto con un pianeta o punto sensibile considerato fisso. Le direzioni possono essere dirette o inverse, ovvero condursi nell’ordine di successione dei segni zodiacali sull’eclittica (senso antiorario) oppure in senso orario. I gradi e le frazioni di grado ricavati dalle direzioni vengono trasformati in tempo secondo la chiave 1° = 1 anno siderale [3] o tropico [4]. I transiti prendono in esame il moto reale dei pianeti lungo il cerchio dell’eclittica ricavato dalle Effemeridi. Un aspetto di transito si forma quando un pianeta in transito forma un angolo significativo con un pianeta o punto sensibile dell’oroscopo natale. Un transito viene detto in applicazione quando il pianeta in transito precede, nell’ordine di successione dei segni zodiacali, il pianeta natale; nel caso opposto si parla di aspetto in separazione. Per quanto il tempo di formazione dell’aspetto di transito sia determinabile con esattezza, nella pratica è considerata un’orbita di influenza del transito, la cui ampiezza in gradi è direttamente proporzionale alla velocità di spostamento del corpo celeste lungo l’eclittica (massima per la Luna, minima per Plutone).

Le direzioni considerano dunque l’individuo come un’entità completa in sé, auto-determinata dall’origine: il seme e l’albero sono presenti contemporaneamente. Di converso, le previsioni ottenute con l’ausilio dei transiti necessitano di un apporto esterno, le Effemeridi, per quanto la ciclicità dei moti celesti appaia svolgere qui un ruolo altrettanto deterministico: in questo caso quando appare l’albero il seme scompare, l’individuo è un’entità in continuo divenire, una causa contenente un potenziale che il tempo si occupa di far giungere a maturazione.

La diversità tra i due approcci è ancora più evidente da un punto di vista interpretativo: i transiti offrono uno sguardo sfumato nei confronti del divenire umano; infatti, il potenziale di sviluppo prende forma e concretezza specifiche solo nel momento in cui incontra una causa secondaria di maturazione. In ultima istanza, il transito separa l’essere dal suo divenire, offre l’opzione del libero arbitrio, della scelta, della possibilità, pur mantenendo integro, attraverso il sottostante tema natale, il concetto di unicità dell’individuo. Si può affermare che il transito in quanto strumento predittivo soddisfa ampiamente i requisiti di pensiero dell’uomo moderno, in bilico tra paura – attrazione nei confronti del determinismo e supposta libertà nell’arbitrare il proprio destino.


[1] Nome italianizzato di Nikolaj Kopernik (1473 – 1543). Astronomo polacco, nella sua opera fondamentale, De Revolutionibus Orbium Coelestium  libri VI, espose l’ipotesi eliocentrica sul moto dei corpi celesti.

[2] Iceta di Siracusa (400 a.C. – 355 a.C.) fu un filosofo e astronomo della scuola pitagorica. Di lui non sono giunte opere, se non l’opinione citata da Cicerone. Niccolò Copernico lo considerò un precursore del suo sistema.

[3] L’anno siderale è l’intervallo tra due successivi ritorni del Sole nello stesso punto tra le stelle fisse.

[4] L’anno tropico è l’intervallo tra due successivi passaggi del Sole dall’equinozio di primavera (punto vernale o grado 0 dell’Ariete). Non essendo l’equinozio un punto fisso dell’eclittica (a causa della precessione retrograda dello stesso) l’anno tropico dura 20 m. in meno dell’anno siderale.

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