Il dubbio tra fede e ragione

Estratti dall’opera: Meditation on the Tarot: A Journey Into Christian Hermeticism, London 1982 – Trad. dall’inglese, adattamento e note di Daniele Duretto

Perché in verità io vi dico: Se avete fede quanto un grano di senape, potrete dire a questo monte: Passa di qua a là, e passerà; e niente vi sarà impossibile.

— Matteo 17: 20-21

L’antinomia fede – scienza empirica

Queste sono le parole del Maestro.

E il ventesimo secolo replica: “La scienza prende un grano di idrogeno e rilascia l’energia imprigionata in questo grano, riducendo la montagna in polvere”.

Qui è dove ci troviamo rispetto all’antinomia di fede e scienza empirica. La nostra fede non sposta le montagne, ma l’energia che abbiamo imparato a padroneggiare attraverso la scienza è sicuramente in grado di ridurle in polvere.

È forse perché non abbiamo un grano di fede?

È forse perché abbiamo concentrato tutti i nostri sforzi nella scoperta dei segreti contenuti in un grano di idrogeno invece di acquisire tanta fede quanta ve ne è in un grano di senape?

Per essere in grado di rispondere a queste domande dobbiamo prima tener conto di cosa sono la fede e la scienza empirica.

Fede

Fede che può – quando ve ne è tanta quanta in un grano di senape – spostare le montagne: Questa fede è identica alla fede-credenza, al sentimento di certezza riguardo a una dottrina? … È identica alla fede-fiducia, all’assenza di dubbio in merito alla certezza sull’autorità di un testimone o di una deposizione? … È, infine, identica alla fede-speranza, dove l’ottimismo si oppone al pessimismo? In breve, è sufficiente non avere dubbi per realizzare che “niente vi sarà impossibile?”

Molti sciocchi manifestano sicuramente una completa assenza di dubbi riguardo alle loro illusioni o idee fisse. Essi sarebbero quindi in grado di fare miracoli, se la fede non fosse altro che l’intensità di credenza, fiducia e speranza, dovuta all’assenza di dubbio. Perché certamente gli sciocchi possiedono questa intensità. Tuttavia, la sola intensità di credenza, fiducia e speranza non è la fede come è intesa nel Vangelo. Evidentemente qui non è solo un problema di intensità o di certezza, ma piuttosto di intensità e di certezza della verità. Se così non fosse, gli sciocchi sarebbero taumaturghi e la follia sarebbe l’ideale.

Una forza che può muovere le montagne dev’essere uguale a quella che le edifica. Quindi, la fede che muove le montagne non può essere né un’opinione intellettuale né un sentimento personale, non importa quanto intenso. Dev’essere il prodotto dell’unione di pensieri, sentimenti e desideri umani con l’essere cosmico – con Dio. La fede che muove le montagne è dunque l’unione completa – anche se solo per un istante – di uomo e Dio.

Questo è il motivo per cui l’illusione non può in alcun modo generare la fede; ed è anche il motivo per cui i miracoli dovuti alla fede sono testimonianze della verità – e non solo della genuinità – della credenza, fiducia e speranza della persona attraverso cui si operano. I miracoli sono il frutto dell’unione tra l’essere umano nella sua interezza con la verità cosmica che è bellezza e bontà – con Dio.  Sono operazioni di magia umano-divina che è, e sempre sarà, basata sulla costellazione spirituale “Uomo-Dio” – o, in altre parole, essi operano sempre “nel nome di Gesù Cristo”, conformemente alla formula:

Il Padre mio opera fino ad ora, ed anche io opero – Pater meus usque modo operatur, et ego operor.

— Giovanni 5:17

La fede per cui “niente è impossibile” è lo stato dell’anima dove “Dio opera, ed anche l’anima opera”. È lo stato dell’anima concentrato sulla verità, a cui Dio aggiunge l’intensità della certezza e della forza che rendono possibili i miracoli. È la magia dell’unione tra due maghi: Dio e l’uomo.

Non è quindi né la certezza logica, né la certezza dell’autorità, né l’accettazione di un testimone degno di fede – è l’unione dell’anima con Dio, conseguita attraverso l’impegno del pensiero, attraverso la fiducia in ciò che è meritevole di fiducia, attraverso l’accettazione di testimonianze degne di fede, attraverso la preghiera, la meditazione, la contemplazione, attraverso la pratica della moralità, e attraverso molti altri tentativi che aiutano l’anima ad aprirsi al respiro divino.

La fede è il respiro divino dell’anima, proprio come la speranza è la luce divina e l’amore è il fuoco divino dell’anima.

Scienza empirica

Calore, vapore, magnetismo, elettricità, energia nucleare – sono queste le possenti forze imbrigliate dall’uomo grazie al lavoro prodigioso della scienza empirica! È grazie alla scienza che siamo in grado di conversare con i nostri amici da una parte all’altra dell’oceano, di vedere quel che accade a distanza di migliaia di chilometri, di visitare un amico malato che abita in un’altra regione nel giro di un’ora, di chiamare in nostro aiuto, quando siamo in pericolo in mare, in montagna o nel deserto, i mezzi di soccorso: aerei, navi, ambulanze. È di nuovo grazie alla scienza che siamo in grado di ascoltare la voce di qualcuno morto da anni, che possiamo camminare anche se abbiamo perso una gamba, che possiamo vedere da lontano anche se siamo miopi, che siamo in grado di sentire anche se siamo quasi sordi, e che abbiamo la capacità di fare molte altre cose, e tutto grazie alla scienza empirica.

A cosa possono essere attribuiti i successi favolosi conseguiti dalla scienza? Qual è il principio fondamentale che può spiegarli?

In primo luogo, è il dubbio. Perché è grazie al dubbio suscitato dall’esperienza dei sensi che la scienza è stata in grado di stabilire che non è il sole che percorre il suo moto nel cielo ma è invece la terra che vi orbita attorno. È grazie al dubitare del fato onnipotente che sono stati cercati e trovati i rimedi e i metodi per la guarigione da malattie precedentemente incurabili.

E ancora è grazie al dubitare delle tradizioni passate che la scienza empirica ha scoperto l’evoluzione biologica, gli ormoni, gli enzimi, le vitamine, la struttura dell’atomo e il subconscio …

Perché il dubbio è alla radice di qualunque domanda, e le domande sono alla base di qualunque studio o ricerca. Il dubbio è quindi il padre del metodo scientifico. Questo è il Primum mobile, il principio che una volta impostato mette in moto l’intera macchina prodigiosa fatta di laboratori, osservatori, librerie, musei, collezioni, università, associazioni scientifiche e accademiche.

Il dubbio mette tutto in moto. Ma è solo al dubbio che dobbiamo attribuire l’utilità del moto? Il solo dubbio è sufficiente per fare queste scoperte? Non è necessario credere alla possibilità di tali scoperte prima di imboccare la strada che porta ad esse?

Evidentemente è necessario. Il padre della scienza empirica è il dubbio e la madre è la fede. Il dubbio deve la sua utilità alla fede, proprio come la fede deve la sua forza motivante al dubbio. Proprio come c’è un “dubbio scientifico” sottostante al metodo della scienza empirica, così c’è una “fede scientifica” sottostante alla scienza come principio dei suoi buoni esiti. Newton dubitava della teoria tradizionale della “gravità”, ma credeva nell’unità del mondo, e quindi nell’analogia cosmica. Questo è il motivo per cui egli poté giungere alla legge cosmica della gravitazione in conseguenza del fatto che una mela cadde da un albero. Il dubbio ha messo in moto il suo pensiero; la fede lo ha reso utile.

Quali sono quindi i dogmi della fede scientifica? Quello che segue è il credo scientifico:

Credo in una sola sostanza, la madre di tutte le forze, che genera i corpi e la coscienza di ogni cosa, visibile e invisibile.

Credo in un singolo Signore, la Mente Umana, l’unico figlio della sostanza del mondo, nato dalla sostanza del mondo dopo secoli di evoluzione: il riflesso incapsulato del grande mondo, la luce epifenomenica dell’oscurità primordiale, il vero riflesso del mondo reale – che si è evoluto attraverso prove ed errori, non generato o creato, consustanziale alla madre-sostanza – e attraverso cui il mondo intero è riflesso. È colui che – per gli esseri umani e a nostro uso e consumo – è asceso dalle ombre della madre-sostanza.

Egli ha assunto la carne dalla materia attraverso l’opera dell’evoluzione, ed è divenuto il Cervello Umano.

Sebbene distrutto ad ogni generazione che passa, esso si riforma nelle generazioni successive, grazie all’Ereditarietà. È chiamato ad ascendere alla conoscenza onnicomprensiva del mondo e a sedere alla destra della madre-sostanza, che lo servirà nella sua missione di giudice e legislatore, e il suo regno mai avrà fine.

Credo nell’Evoluzione, che tutto dirige, che dà vita all’inorganico e coscienza all’organico, procedendo dalla madre-sostanza e modellando la mente pensante. Assieme alla madre-sostanza e alla mente umana, l’evoluzione ha eguale autorità ed importanza. Essa parla attraverso il progresso universale.

Credo in una Scienza diligente, universale, civilizzatrice. Riconosco un’unica disciplina per l’eliminazione degli errori e attendo i frutti futuri degli sforzi collettivi del passato per la vita civilizzata a venire. Così sia.

La sintesi

La sostanza unica alla base della molteplicità dei fenomeni; la mente umana capace di ridurre questa molteplicità a un’unità; l’evoluzione a cui la mente umana deve la sua esistenza, e la cui collaborazione promette alla mente umana il suo futuro sviluppo sino a divenire maestra della sua stessa evoluzione; lo sforzo organizzato e collettivo, secondo il metodo del dubbio e della verifica empirica continuativa attraverso i secoli – sono questi i quattro dogmi principali della fede scientifica. La sostanza, la mente umana, l’evoluzione e il metodo scientifico costituiscono le quattro lettere del tetragrammaton, del “nome ineffabile” della scienza.

Éliphas Lévi prestò molta attenzione al ruolo che il nome HVHI – che è l’inversione del sacro Tetragrammaton IHVH – gioca nelle evocazioni di magia nera. Siccome il Tetragrammaton rappresenta la legge di causalità (la sequenza: principio attivo, principio passivo, principio neutrale e la loro manifestazione; o ancora: causa efficiente, causa materiale, causa finale e il fenomeno [1]) e di conseguenza della ragione, egli concluse che l’inversione del Tetragrammaton è la formula magica del caos e dell’irrazionalità.

Ma è proprio il tetragrammaton invertito ad essere l’arcano della scienza empirica. Perché la scienza empirica considera in primo luogo il principio passivo della sostanza o materia come “principio” par excellence, laddove il principio neutrale (la mente umana) lo segue e il principio attivo (il metodo) conclude la serie. Infatti, nel nome IOD-HE-VAU-HE (ה‎ ו‎ ה‎ י‎), se IOD è il principio attivo (causa efficiente), la prima HE è il principio passivo (causa materiale), VAU è il principio neutrale (la mente umana) e la seconda HE è l’intero fenomeno che ne risulta, allora il nome inverso HE-VAU-HE-IOD (הוהי) sarebbe la serie: “principio passivo – principio neutrale – principio passivo – principio attivo” o “materia, ragione, evoluzione, metodo scientifico”.

La serie HVHI sta a significare che nulla precede la materia; che nulla la muove; che si muove da sé; che la mente è figlia della materia; che l’evoluzione è la materia che genera la mente; e che, infine, la mente, una volta nata, è l’attività della materia in evoluzione, che diventa conscia di se stessa e prende l’evoluzione nelle sue mani. Il tetragrammaton inverso è senza dubbio la formula-sintesi della scienza empirica.

È quello del caos e dell’irrazionalità?

No. È il riflesso della formula spirito-materia-evoluzione-individualità del sacro nome IHVH. Non è la formula dell’irrazionalità, non più di quanto sia quella dell’intelligenza – è la formula della scaltrezza (“astuzia”), cioè dell’intelligenza riflessa.

Non è una formula logica, una formula del Logos, ma piuttosto è quella del serpente di Genesi 3:1 “ che era il più astuto di tutti gli animali dei campi …” , e la cui aspirazione è l’espansione orizzontale della coscienza (“i campi”). Lo scopo ultimo della logica dell’astuzia, quella del serpente, non è quello di diventare Dio ma di diventare “come Dio”. “Diventare come” – questa è l’essenza dell’astuzia ed è anche il significato della fede scientifica, del credo scientifico, che è allo stesso tempo solo la parafrasi e lo sviluppo della promessa del serpente:

Ma Iddio sa che nel giorno che ne mangerete [i frutti dell’albero della conoscenza] gli occhi vostri si apriranno, e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male.

— Genesi 3:5

Aprire gli occhi, essere come dèi, conoscere il bene e il male – questo è il grande arcano della scienza empirica. Questo è il motivo per cui la scienza è impegnata nella causa della comprensione (“gli occhi vostri si apriranno”); questo è il motivo per cui aspira al potere assoluto per l’uomo (“sarete come Dio”); e infine, questo è il motivo per cui è intrinsecamente amorale o moralmente neutra (“avendo la conoscenza del bene e del male”).

La scienza è ingannevole? No. Essa in realtà apre i nostri occhi, ed è grazie a lei se vediamo di più nell’orizzontale; ci dà in realtà il potere e la sovranità sulla Natura; in realtà ci è utile, sia in bene che in male. La scienza empirica non ci inganna in alcun modo. Il serpente non ha mentito – sul piano dove si possono udire la sua voce e le sue promesse.

Sul piano dell’espansione orizzontale (“i campi” di Genesi) il serpente mantiene sicuramente le sue promesse … ma a che prezzo riguardo agli altri piani, e riguardo al piano verticale?

Qual è il prezzo della comprensione scientifica, questo “aprire gli occhi” al piano orizzontale, cioè all’aspetto quantitativo del mondo? È il prezzo dell’oscuramento del suo aspetto qualitativo. Più si hanno gli “occhi aperti” per la quantità, più si diventa ciechi alla qualità. Ma tutto ciò che si capisce attraverso il “mondo spirituale” è solo qualità, e tutta l’esperienza del mondo spirituale è dovuta agli “occhi che si aprono” alla qualità, all’aspetto verticale del mondo. Quindi il numero ha solo un significato qualitativo nel mondo spirituale. “Uno” significa unità, “due” – dualità, “tre” – trinità, e “quattro” – la dualità delle dualità. Il mondo verticale, il mondo spirituale, è quello dei valori e, poiché il “valore dei valori” è l’essere individuale, è un mondo di esseri individuali o entità. Angeli, Arcangeli, Principati, Forze, Virtù, Dominazioni, Troni, Cherubini e Serafini sono tali valori individualizzati o entità. E il valore supremo è l’Entità suprema – Dio.

La scienza riduce la qualità alla quantità. Questo è ciò che chiama “conoscenza”. Quindi i colori prismatici – rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto – perdono per la scienza la loro qualità di “rossità”, “verdità”, ecc. e diventano quantità, cioè numeri che esprimono le differenti frequenze o lunghezze d’onda della vibrazione chiamata “luce”. Anche la luce è ridotta a quantità. È solo una formula che esprime i fattori quantitativi della vibrazione di qualcosa privato di tutte le qualità.

Dobbiamo, quindi, voltare le spalle alla scienza empirica perché essa realizza le promesse del serpente – aprendo i nostri occhi al mondo quantitativo al prezzo della nostra cecità al mondo qualitativo?

Cosa si dovrebbe fare di fronte alla scelta tra scienza e religione?

Ma è necessario scegliere? Non sarebbe sufficiente assegnare il posto che compete a ciascuna di queste due aspirazioni – non quello che viene a loro arrogato, ma quello che è il posto che gli è proprio?

In realtà, non vi è né una scienza empirica religiosa né una religione scientifica, vi sono scienziati religiosi e credenti scienziati.

Per essere davvero scienziati religiosi o credenti scienziati, senza compromessi di coscienza, è necessario aggiungere all’aspirazione orizzontale l’aspirazione verticale, vivere cioè sotto il segno della croce.

Ciò significa separare gli aspetti quantitativi e qualitativi del mondo in modo chiaro, e considerare l’esatta differenza tra la funzione di un meccanismo e l’azione di un sacramento. Perché il mondo ha il suo lato meccanico e il suo lato sacramentale. Mosè descrive il mondo sacramentale nel libro di Genesi [2]; l’astronomia moderna continua nel processo di descrizione della macchina-mondo. L’uno ci parla del “cosa” e l’altro del “come” del mondo. Il “come” è il meccanismo; il “cosa” è l’essenza. Il meccanismo è conoscibile attraverso la quantità; l’essenza è rivelata dalla qualità.

E il credo scientifico? Come si riconcilia con il credo cristiano? … perché non è solo il manifestare la fede nella quantità, ma è anche – e soprattutto – la credenza in valori contrari a quelli del credo cristiano.

Non ho altre risposte che la seguente:

Crocifiggi il serpente. Metti il serpente – o il credo scientifico – sulla croce della religione e della scienza, ne seguirà la metamorfosi del serpente. Il credo scientifico diviene allora ciò che è in realtà: il riflesso della Parola creativa. Non sarà più verità: sarà metodo. Non dirà più: “in principio fu la sostanza o materia”, ma dirà: “per comprendere il meccanismo che ha fatto il mondo, è necessario scegliere un metodo che consideri l’origine della materia, e ciò che la mette in moto, come venire dall’alto”. E non dirà più: “il cervello produce la coscienza”, ma dirà: “per capire la funzione del cervello, è necessario considerarlo come se la coscienza fosse causata da esso”.

La prima metamorfosi della fede scientifica sarà quindi la trasformazione dei suoi dogmi metafisici in postulati metodologici. La sua negazione di Dio, della creazione, e dello spirito che precede i fenomeni, diventeranno il metodo dello “scienziato ignorante” (o docta ignorantia, per usare l’espressione di Nicola Cusano [3]), che è nulla più della concentrazione sul dominio che gli è proprio.

Questa metamorfosi sarà prima o poi seguita da un’altra, vale a dire dal cambiamento di quella volontà che si manifesta nella fede scientifica. La volontà di potenza, che aspira alla crescita illimitata del dominio dell’uomo sulla Natura, sia nel bene che nel male, perderà gradualmente la sua indifferenza morale e diverrà sempre più incline al bene – sarà trasformata in volontà di servire. È così che la fede scientifica subirà una trasmutazione alchemica e che la scienza empirica cesserà di essere amorale o moralmente indifferente. Si schiererà con ciò che è costruttivo, con ciò che serve la salute, la vita e il benessere dell’umanità. Dopodiché, sarà aperta a tutte le innovazioni nei metodi che richiedono sfide particolari, e un giorno dedicherà se stessa alle forze vitali costruttive del mondo con lo stesso zelo e intensità che oggi dedica alle forze distruttive (calore da combustione, elettricità da disintegrazione o frizione, energia nucleare da distruzione di atomi …). Ciò a sua volta richiederà dei cambiamenti nei metodi scientifici, nel senso che l’ignoranza illusoria del mondo spirituale sarà abbandonata come obsoleta.

Ma questa volontà non prenderà piede finché un numero sufficiente di scienziati non avrà “impalato il serpente di bronzo”, cioè non avrà prima di tutto aggiunto, nella tribuna interiore della coscienza, la verticalità della religione all’orizzontalità della scienza empirica. Ciò neutralizzerà il veleno della fede scientifica trasformandolo in un servo della vita.

È il consiglio divino che fu dato a Mosè nel deserto, tra il monte Hor e la terra di Edom, a cui mi riferisco qui:

Mosè allora fece un serpente di rame e lo mise sopra un palo; e avveniva che, quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, scampava.

— Numeri 21:9

Siamo anche noi, nel deserto dei giorni attuali, ad aver bisogno del serpente di bronzo sopra a un palo, per poterlo guardare e quindi salvare la nostra vita spirituale. La sintesi di scienza e religione non è una teoria, ma piuttosto l’atto interiore cosciente di aggiungere la dimensione spirituale verticale a quella orizzontale o, in altre parole, l’atto di erigere il serpente di bronzo.

Va detto che non si tratta soltanto di un consiglio biblico o del pio desiderio di un uomo solitario e afflitto dai danni che la fede scientifica, sostenuta dal successo della scienza empirica, ha recato alla vita spirituale dell’umanità, ma è già un fatto compiuto. Ed è in Francia che abbiamo avuto l’onore di dare i natali e contribuire all’educazione del grande scienziato contemporaneo Teilhard de Chardin (che è allo stesso tempo Padre Teilhard de Chardin) che, consapevole della situazione da entrambi i fronti, ha tenuto alto ai nostri tempi il vessillo del serpente di bronzo. Il suo Fenomeno Umano, così come tutte le sue opere (pubblicate in cinque volumi) è la sintesi compiuta dell’antinomia “fede-scienza empirica”, nel senso che un vero scienziato che fu allo stesso tempo un vero credente ebbe successo, nel suo lavoro di una vita, nell’unire l’orizzontalità della scienza (e che orizzontalità!) con la verticalità della religione (e che verticalità!). Si dovrebbe ancora aggiungere che ora non è solo, e che ci sono molti altri che guardano al serpente di bronzo così da preservare la VITA.

Riguardo a noi – ermetisti – siamo messi di fronte ad un’opera che avremmo dovuto compiere da noi, ma così non è stato, perché non abbiamo voluto imbracciare incondizionatamente né la causa della scienza e la sua disciplina né quella della religione e la sua disciplina. Abbiamo insistito sulla scienza per noi stessi e la fede per noi stessi. Questo perché nessuno tra noi è stato in grado di erigere compiutamente il serpente di bronzo per la nostra era. Essere in grado di farlo avrebbe significato essere simultaneamente un vero scienziato secondo le regole dell’Accademia e un vero credente secondo i criteri della Chiesa.

Chi tra di noi – almeno nella sua giovinezza – non ha applaudito alla massima asserita coraggiosamente da Papus: “Né con Voltaire, né con Loyola!” … vale a dire: né il dubbio né la fede?

Bene, il risultato è che noi dubitiamo poco e crediamo a poco. Non abbiamo abbastanza spirito critico dove dovremmo averlo, e ancora abbiamo abbastanza per poter rendere debole la nostra fede quando si tratta di accettare senza riserve i valori spirituali che si offrono alla nostra valutazione. In pratica, “né Voltaire né Loyola” significa dire “un po’ di Voltaire e un po’ di Loyola”, perché non si può fare tutto senza dubbio e senza fede. E c’è qualcuno – ho ancora in mente Padre Pierre Teilhard de Chardin – che ha avuto il coraggio di dire “sia Voltaire che Loyola”, ed essere un vero scienziato e allo stesso tempo essere gesuita. Egli ha accettato eroicamente la croce del dubbio “Volteriano” e della fede ”Ignaziana”. Il risultato è una visione luminosa del mondo che si evolve attraverso l’impulso del serpente verso un fine stabilito dalla provvidenza.

Non si abbia paura, quindi, di diventare come l’Eremita del Tarocco, vestito con l’abito della fede e il cui dubbio scandaglia la terra – con il suo bastone! La luce della lampada che sorregge è emessa dall’opposizione di fede e dubbio!   


[1] Sono le quattro cause fondamentali che, secondo il pensiero aristotelico, sono all’origine delle manifestazioni naturali. Nella metafora del tavolo, la causa efficiens è il carpentiere, la causa materialis è il legno, la causa formalis è il disegno o progettazione e la causa finalis è il suo scopo o utilizzo.

[2] La maggior parte della tradizione cristiana ed ebraica accredita a Mosè la paternità dei cinque libri del Pentateuco.

[3] Nicola Cusano (anche Nicola di Cusa e Nicolaus Cusanus, 1401 – 1464), fu un cardinale cattolico tedesco, giurista, teologo, filosofo, matematico e astronomo, che contribuì alla diffusione europea dell’umanesimo rinascimentale e agli sforzi di riconciliazione tra la Chiesa di Roma e gli stati tedeschi del Sacro Romano Impero. Nella sua opera De Docta Ignorantia, trattato epistemologico e metafisico, egli considera che la mente umana finita non possa giungere a una conoscenza compiuta del divino. Tuttavia, ritiene che l’intelletto umano possa diventare consapevole delle sue limitazioni tentando di avvicinarsi a Dio, conseguendo quindi uno stato di “dotta ignoranza”.

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