Alphonse Louis Constant (1810-1875), poeta ed esoterista francese, nel corso della sua vita si dedicò allo pratica della magia intesa come percorso spirituale e allo studio del Tarocco in chiave esoterica.
Nacque a Parigi, da una famiglia il cui il padre esercitava la professione di calzolaio. Nel 1832 entrò nel seminario di Saint Sulpice, dove venne ordinato diacono e in seguito, nel 1835, ecclesiastico.
Nel 1836 declinò l’ordinazione clericale e lasciò il seminario. La decisione venne motivata da dubbi e scupoli dottrinali, ma anche dal crescere di un sentimento platonico verso una sua allieva del corso di catechismo,
Adèle Allenbach, come egli stesso ebbe a scriverne in un suo libro [1]. Poco dopo questa sua decisione, la madre vedova morì suicida.
A seguito di questi avvenimenti, Constant venne a trovarsi in difficoltà economiche; lavorò per poco tempo come attore e poi, nel 1839, decise di intraprendere il percorso monastico presso l’abbazia benedettina di Solesmes, ma non riuscì a mantenerne la disciplina. Abbandonata la vita monastica, conobbe un mistico e scultore di simpatie socialiste, Simon Ganneau [2]; la sua influenza lo indusse a scrivere, nel 1841, un pamphlet politicamente radicale, La Bible de la Liberté, giudicato talmente sovversivo da fargli meritare una condanna a otto mesi di carcere.
Scontata la pena, Constant lavorò come artista e in seguito come assistente al clero presso la diocesi di Evreux. Quando si venne a sapere della sua contestata paternità letteraria, fu costretto all’abbandono. Risale a questo periodo l’inizio della sua tormentata vita sentimentale.
Nel 1842 conobbe due giovani donne, Eugénie C (il cognome rimane sconosciuto) e Noémie Cadiot. Nonostante le sue preferenze per Eugénie, con cui ebbe una relazione, nel 1846 sposò (o fu costretto a sposare dal padre della ragazza) la sedicenne Noémie; ebbero parecchi figli, ma nessuno di loro raggiunse l’età adulta; il loro matrimonio terminò dopo sette anni. Si dice anche che ebbe un figlio illegittimo da Eugénie, mai riconosciuto.
Nel frattempo continuò a esercitarsi come scrittore, anche di testi religiosi. La sua vena continuamente polemica contro il governo gli recò in dote ulteriori sei mesi di carcere. Scontata la pena, pubblicò un ulteriore scritto critico dal titolo Le Testament de la Liberté. Nel 1850 attraversò un periodo di profonda crisi finanziaria e spirituale, che probabilmente gli fornì l’occasione per avvicinarsi ai temi esoterici e occulti. Gli avvenimenti politici dell’epoca, la rivoluzione di Luglio del 1848 che pose termine alla monarchia di Luigi Filippo e l’avvento nel 1851 del Secondo Impero di Napoleone III, lo convinsero che il popolo non era in grado di autrodeterminarsi. L’unica soluzione gli parve essere la formazione di un’élite spirituale, sotto l’egida di una religione universale.
Nel 1851 Constant conobbe il famoso matematico e occultista polacco Hoene-Wroński [3], che alimentò in lui la fiamma dell’occultismo. Iniziò a studiare la magia e ad appassionarsene; risale a questo periodo l’utilizzo del nom de plume di Éliphas Lévi, descritto come la forma ebraicizzata del suo nome. La sua opera fondamentale di argomento magico, Dogme e Rituel de Haute Magie, pubblicata in due volumi tra il 1854 e il 1855, divenne talmente popolare da meritare numerose ristampe. Egli considerava la magia non nella sua forma goetica [4], bensì come un connubio assoluto di scienza e religione in grado di accorpare tutte le fedi per ricostruire un circolo di iniziati.
Nel 1854, anno che seguì alla separazione dalla moglie, Lévi si recò a Londra per incontrarsi con gli esoteristi del luogo. Qui avvenne, secondo il suo racconto, l’invocazione in forma fisica di Apollonio di Tiana [5]. Dopo molti preparativi, e indossate le vesti magiche, entrò in una stanza adornata come un tempio, e lì dopo l’invocazione si manifestò, dando credito alle sue parole, Apollonio nella sua forma fisica. L’invocazione venne ripetuta con successo altre due volte; nessuno assistette alla cerimonia.
Un ulteriore contributo alla diffusione del pensiero esoterico venne dalla sua sintesi sul Tarocco, considerato come una chiave universale dell’operato magico e una vera e propria macchina filosofica; integrò il Tarocco con la Cabala e i Quattro elementi.
Dopo la pubblicazione del Dogma e Rituale dell’Alta Magia visse una vita abbastanza confortevole, scrivendo altri libri sugli aspetti dell’occultismo tra i quali va menzionato Histoire de la Magie, pubblicato nel 1860.
Negli ultimi anni la sua salute iniziò a peggiorare ed egli fu ridotto nuovamente in povertà, ma uno dei suoi allievi lo salvo dalla completa rovina. Nella primavera del 1875 le sue condizioni declinarono improvvisamente ed egli accettò, prima di morire, i sacramenti della Chiesa Cattolica.
Il concorso di Éliphas Lévi allo studio dell’occultismo e del Tarocco fu significativo; in particolare egli cambiò l’approccio alla magia fecendone uno strumento per la canalizzazione della volontà e la realizzazione dell’essere umano integrale. Certo, alcune sue affermazioni possono far discutere, e il suo tono a volte sensazionalistico causare disaffezione. Ma non si può negare il contributo che egli apportò alla riabilitazione della magia e allo studio del Tarocco in integrazione alla Cabala presso gli esoteristi occidentali.
[1] Les Trois Harmonies, Paris 1845.
[2] Simon Ganneau (1805-1851) fu un socialista francese, mistico, scultore e femminista. Interpretò il simbolismo dell’androgino non solo come modello di salvezza spirituale, ma anche come viatico dei concetti socialisti di fraternità e giustizia sociale. Si presentò altresì come il fondatore di una nuova religione, l’Evadaismo (da Eva-Adamo), antesignano di una nuova era basata sull’eguaglianza di genere.
[3] Józef Maria Hoene-Wroński (1776-1853) fu un filosofo polacco della corrente metafisica. Fu anche matematico, fisico, inventore, avvocato ed economista. Tentò di costruire una macchina per il moto perpetuo, di far quadrare il cerchio, di predire il futuro attraverso uno strumento chiamato prognometro. Morì in povertà in Francia.
[4] Dal greco γοητεία (goēteía), incanto, incantesimo. Il termine compare per la prima volta nella Clavis Salomonis, un testo di pratica rituale medievale che riporta le clavicole per le evocazioni di angeli e demoni.
[5] Apollonio di Tiana (c. 15 – c. 100 d.C.) fu un filosofo greco neopitagorico considerato da molti dei suoi contemporanei come un iniziato di alto grado.