La Domificazione rappresenta lo schema della Vita universale che prende forma nell'essere umano

Premessa
Il sistema delle Case rappresenta l’estensione dinamica delle facoltà individuali che originano dall’Ascendente, e che si dispiegano nei settori chiave dell’esperienza umana sovrapponendosi ai contenuti archetipici dati dalle pure presenze planetarie nei segni zodiacali. È il ponte tra due realtà, l’una ancora potenziale, l’altra a rappresentare il momento dialettico in cui l’essere incontra il mondo e diviene individuo; è il transitare dell’inconscio verso la coscienza, della luce verso il pensiero.
L’ordinamento celeste, testimoniato da una rivoluzione annuale che esprime nei dodici simboli dello zodiaco i mutevoli rapporti energetici tra il Sole e la Terra – l’avvicendarsi delle stagioni- si manifesta nel moto diurno equatoriale riflettendosi in dodici sezioni che sono la controparte terrena dell’archetipo celeste. Essa nasce una forma che è statica e allo stesso tempo sequenziale: statica perché e simbolicamente già compiuta, sequenziale perché necessita del tempo per evolvere le sue potenzialità, che si svolgono nel sorgere, nel crescere e nel declinare del nostro microcosmo quotidiano ed esistenziale.
La domificazione offre, in unione alle altre componenti del tema, una varietà estremamente ampia di tipi astrologici; ma anche così le possibilità interpretative rientrano pur sempre in una generalizzazione statistico-simbolica, se si vuole a grana estremamente fine ma lungi dall’essere individuale.
E in effetti, il fattore di individuazione non può essere ricercato nell’esclusiva rappresentazione astronomica; nell’esempio limite dei gemelli astrologici, a parità di configurazione si accompagnano destini che, pur nell’apparentamento simbolico, seguono percorsi dissimili. Presi separatamente, il substrato genetico, culturale, familiare e la concomitanza celeste dell’evento sono sterili nel fornire una causa di individuazione. Solo la loro unione, la ierogamia tra Cielo e Terra, porta a maturazione il frutto del legame tra il significante e il significato, nel locus circoscritto dell’evento natale in cui l’essere si in-dividua in una forma che sarà portatrice delle istanze dell’io.
La croce dell’incarnazione
Gli assi dell’orizzonte e del meridiano [1], che sono a fondamento della domificazione astrologica, costituiscono l’ossatura della croce dell’incarnazione, il modello spaziale che rappresenta lo schema – per così dire il vestito – della Vita universale quando essa si rivela nella forma di un essere particolare nell’ambito della rappresentazione umana.
Il senso di questa croce, o meglio il motivo per cui lo schema a croce è preso come modello di riferimento, sta nella possibilità di pensare ad esso come a una struttura che ‘isola’ i piani della rappresentazione umana secondo una divisione dello spazio in emisferi e quadranti, offrendo al nascituro – simbolicamente rappresentato dal centro della croce – un sistema di orientamento spaziale. In questo senso il nascituro viene ‘squadrato’, inserito in una suddivisione dello spazio ad angoli retti in cui il simbolismo del numero 4 assume un valore di ‘impietramento’, di fissazione dell’anima mundi in seno a un’individualità [2]. Il processo si rende indispensabile perché non vi è ‘spazio’ se non quando la visione soggettiva dell’essere si impone, creando la necessità di un sistema di riferimento che riesca a mettere il relazione il sé con quelli che a quel punto divengono gli oggetti della sua esperienza, il non-sé.
L’asse orizzontale, la retta Ascendente-Discendente, identifica l’orizzonte dell’evento – nel nostro caso il luogo di nascita – che suddivide lo spazio in ciò che è visibile (il cielo) da ciò che è occultato dalla massa terrestre. In questa prima e immediata rappresentazione il ‘cielo’ è sinonimo della consapevolezza del mondo esterno resa possibile dai canali dei sensi, che si sintonizzano per così dire sulla rappresentazione di un universo umanizzato.
La visione della scienza
Proseguendo lungo le linee di pensiero che conducono a questa ‘umanizzazione’ della realtà, non si può fare a meno di notare che anche la comunità scientifica utilizza a volte dei principi metodologici che individuano un ruolo inclusivo per l’osservatore, di là dal puro dato sperimentale oggettivo. Nella formulazione, ad esempio, del principio antropico forte (SAP, Strong Anthropic Principle), le leggi dell’universo devono essere compatibili con la coscienza dell’osservatore, ovvero le costanti universali sono tali da consentire lo sviluppo di una vita cosciente. Ma il principio antropico partecipativo (PAP, Partecipatory Anthropic Principle), si spinge ancora oltre, postulando che l’Universo necessiti di un osservatore intelligente che inneschi il collasso della funzione d’onda probabilistica, che da una superposizione di stati decade in una realtà relativamente concreta (il concetto è legato all’interpretazione di Copenhagen della meccanica quantistica, secondo la quale il fenomeno diventa reale soltanto quando osservato nel corso di un esperimento). In altre parole, la coscienza dell’osservatore è necessaria per dare significato all’universo.
La proposta da Stephen Hawking si pone su un piano più cosmologico, ancora utile tuttavia per proseguire il nostro discorso. Nella sua teoria del tempo immaginario, l’universo non ha propriamente un inizio e una fine. Egli, tentando di risolvere il problema del paradosso dato da una singolarità – il Big Bang, fa leva sul concetto dei numeri immaginari che trasformano il parametro tempo delle coordinate spaziotemporali in una coordinata spaziale. In tale scenario la singolarità appare come un qualunque altro punto nello spaziotempo quadridimensionale privo di confini, salvo sorgere come singolarità nel tempo ordinario.
L’espressione metafisica
È interessante notare a questo proposito come Guénon, parlando della realizzazione dell’uomo integrale o universale – e anticipando di molto l’idea di Hawking – citi la necessità di uscire dalla rappresentazione di una successione temporale per accedere alla simultaneità, “spazializzando” il tempo in una quarta dimensione. Il punto primordiale, senza forma e dimensioni, si contrappone a se stesso creando la prima determinazione dello spazio, la distanza, che nella condizione temporale diviene movimento; esso è il centro da cui misura l’intera estensione spaziale attraverso l’espansione della croce a sei direzioni o punti cardinali. Il punto primordiale si può identificare con tutti i punti potenziali dello spazio, in modo successivo o simultaneo uscendo dalla condizione temporale. Lo spazio è la pura potenza dell’essere, l’elemento passivo; qualsiasi punto all’interno di tale raffigurazione spaziale è quindi assimilabile a un centro dell’essere nello spazio di rappresentazione, ma solo in modo virtuale, sino a che esso non si assimili al punto primordiale.
Trasponendo l’immagine in chiave metafisica vediamo all’opera il principio ‘uomo’ (che non è da intendersi limitato alla figura umana come noi la conosciamo, portatrice di coscienza) rappresentare la ‘potenza’ dell’universo di conoscere se stesso, non esattamente in senso teleologico o finalistico – perché il fine ipotizza una freccia del tempo – ma come l’essere stesso dell’universo, del “tutto intero”, in cui l’eventualità di essere ‘due’, di riflettersi attraverso l’estensione di un processo spazio-temporale, ne costituisce una delle indefinite possibilità.
Torniamo ora alla configurazione dello spazio locale. Nella rappresentazione bidimensionale oroscopica gli assi verticale e orizzontale della croce rappresentano rispettivamente il principio attivo e passivo; il punto centrale o primordiale della croce macrocosmica, per quanto non localizzato, una volta realizzato lo spazio si fa centro della manifestazione universale, e per trasposizione simbolica diviene il centro dell’uomo, cioè l’io. Da questo punto di consapevolezza di sé, l’etere o la quintessenza degli alchimisti, discendono per ordine di produzione gli elementi del quaternario (Fuoco, Aria, Acqua, Terra), da non intendersi come le sostanze materiali e grossolane, ma come i principi o cause primordiali all’origine della loro manifestazione fisica.
Il significato dell’orizzonte nell’esperienza umana
L’esperienza ‘invisibile’, perché occultata dalla massa terrestre, è in relazione con l’aspetto sensibile, ovvero con l’intima trasformazione interiore occasionata dalla percezione oggettiva, che in questo contesto funge da canale di ingresso del principio celeste nel suo ruolo di genesi fecondante. Questo ‘ingresso’ viene a sua volta risentito come ‘sensazione’, che è il modo in cui l’individuo diviene consapevole del mondo esterno e degli altri. Tale è la nascita della consapevolezza dell’Altro, simbolicamente rappresentata dal Discendente come punto germinale delle Case sopra l’orizzonte. Tuttavia, la sensazione non è sufficiente per attestare una consapevolezza del proprio sé, che sola può nascere dalla presenza dell’altro da sé, che viene alla luce come processo intuitivo (nel senso etimologico di visione interna) in contrapposizione alla visione esteriore; e il punto Ascendente rappresenta nell’oroscopo questa consapevolezza di sé che sorge al mondo.
L’incontrarsi di intuizione e sensazione, di senso interiore ed espressione oggettiva viene rappresentato da Rudolf Steiner, il propugnatore dell’antroposofia, nella tripartizione del corpo animico, il principio formativo della coscienza di veglia, che ridesta continuamente la vita dalla condizione di incoscienza del sonno senza sogni. Nell’anima senziente la percezione di un oggetto ne fa sorgere la rappresentazione, in seguito alla quale si svolge un processo tra il corpo animico e l’io (che per Steiner è ciò che sperimenta la sensazione di permanenza attraverso il ricordo), dando luogo alla durata della conoscenza. Nell’anima razionale o affettiva l’io dirige la sua attività verso l’elaborazione degli oggetti della percezione, svincolandosi dagli oggetti stessi per predisporne intimamente i contenuti. Infine, nell’anima cosciente l’io si fa indipendente dagli eventi esterni, diventando autoconoscenza come processo interiore che si specchia nell’universalità. In questo caso il principio anima viene tripartito per comodità di comprensione, ma in realtà esso è un corpo unico che in seno al tempo dispiega le sue potenzialità.
Per Dane Rudhyar, famoso astrologo umanista che segue in parte la classificazione junghiana, il processo intuitivo alla base del senso dell’io origina il sentimento, che è una specie di classificazione interiore dei moti intuitivi; mentre la sensazione, alla base dell’impressione sensoriale, genera il pensiero, inteso qui come stabilizzazione offerta alla vaghezza e alla temporaneità della sensazione stessa. Come si intuisce, si utilizzano parole diverse per descrivere la medesima esperienza, ovvero l’integrarsi di un processo percettivo interno ed esterno – rappresentato dall’asse Ascendente/Discendente – attraverso gli strumenti della sensazione e del pensiero; con l’intuizione che fa da contraltare alla presenza degli oggetti esteriori, quasi uno specchiarsi, perché l’esistenza stessa di un mondo al di fuori di noi altro non è che la possibilità di conoscerci attraverso il riflesso.
Il principio evolutivo
Ma veniamo al significato dell’asse verticale della croce dell’incarnazione. Nel punto di intersezione con l’asse orizzontale esso rappresenta la formazione di un nucleo di coscienza di sé che assume una valenza individuale. È propriamente il manifestarsi nella forma della ierogamia tra Cielo e Terra – l’Attivo e il Passivo, lo Spirito e l’Anima, lo Pneuma e la Materia – che si incontrano sull’asse orizzontale. Possiamo dire che l’asse verticale fornisce una direzione all’esistenza, una penetrazione del sé incarnato nelle forme del mondo oggettivo – con la ragione e l’intelletto, il Medio Cielo – e un adagiarsi nel nucleo interiore del proprio essere come espresso dal simbolismo dell’Imum Coeli.
Il punto più basso dell’oroscopo, il ‘Sole di mezzanotte’ della massoneria, rappresenta la coscienza nel suo stato indifferenziato, avvolta in se stessa perché non ancora manifesta, non ancora ‘spazializzata’. Ma nel momento in cui essa incontra la consapevolezza della sua forma nel distinguersi tra sé e non sé – l’asse orizzontale che crea lo spazio di rappresentazione – ecco che la coscienza diviene potenza di individuazione – il Medio Cielo – l’elemento che riunisce e armonizza l’alto e il basso, l’interno e l’esterno. In senso spirituale tale modello mette in luce il potenziale di ascesa e di superamento della condizione umana; su un piano più denso esso rappresenta la tendenza alla realizzazione extra-individuale offerta dallo sviluppo nella vita sociale.
Gli emisferi
Rimane ancora da spiegare, dopo la suddivisione in emisfero superiore e inferiore generata dalla linea Ascendente/Discendente, quella in emisfero orientale e occidentale data dalla linea Medio Cielo/Imum Coeli. In questa suddivisione vediamo espresso il passaggio dalla potenza all’atto, che per realizzarsi necessita dello strumento individuale (Ascendente) e della rappresentazione spaziale di riferimento (Discendente); il prevalere nell’oroscopo dell’uno o dell’altro emisfero dato dalle presenze planetarie darà indicazioni sull’imporsi di un’attività evolutiva che si basa maggiormente sui propri sforzi (emisfero orientale) o che viene favorita da circostanze ambientali (emisfero occidentale). Così come gli emisferi inferiore e superiore saranno significativi di un’esistenza vissuta nella luce interiore o che necessita della ribalta per manifestarsi appieno.
[1] Resta inteso che, di qui in avanti, si fa riferimento alla proiezione bidimensionale della sfera geocentrica, dove la retta ASC/DSC identifica l’incrocio tra l’eclittica e il piano dell’orizzonte locale, mentre la retta MC/IC incrocia l’eclittica sul primo verticale.
[2] È il medesimo apparentamento simbolico offerto dal quarto Arcano del Tarocco, l’Imperatore, seduto sulla pietra cubica.
Bibliografia
- René Guénon – Le Symbolisme de la Croix – Paris 1973
- Dane Rudhyar – La Pratica dell’Astrologia – Roma 1985
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