Estratti dall’opera: The Pictorial Key to the Tarot, London 1922 – Trad. dall’inglese, adattamento e note di Daniele Duretto
L’Imperatrice è la porta della generazione, la madre della moltitudine delle cose create
Una figura imponente, seduta, addobbata con ricche vesti e dall’aspetto regale, come una figlia del cielo e della terra. Indossa un diadema con dodici stelle raccolte in un gruppo. Al suo fianco giace uno scudo con il simbolo di Venere. Di fronte a lei un campo di granoturco maturo, più oltre una cascata. Lo scettro che porta è sormontato dal globo di questa terra. È il Giardino inferiore dell’Eden, il Paradiso Terrestre, simboleggiato dalla casa visibile dell’uomo. Lei non è Regina Coeli, ma è tuttavia il refugium peccatorum, la madre feconda della moltitudine [1]. Ci sono anche alcune volte in cui è stata correttamente descritta come il desiderio e le sue ali, come la donna vestita di sole, come Gloria Mundi e il velo del Sancta Sanctorum [2]; ma non è, potrei aggiungere, l’anima che ha ottenuto le
ali, a meno che tutto il simbolismo non venga considerato in modo inusuale. Ella è soprattutto fecondità universale e il senso esteriore del Verbo [3]. Questo è ovvio, perché non vi è messaggio più diretto che sia stato dato all’uomo di quello portato da donna; ma lei stessa non ne ha l’interpretazione [4].
In un altro ordine di idee, la carta dell’Imperatrice rappresenta la porta o cancello attraverso cui si ottiene l’ingresso in questa vita, il Giardino di Venere [5]; la via che conduce di là da essa, in ciò che è oltre, è il segreto conosciuto dalla Papessa: da lei è comunicato all’eletto. La maggior parte delle vecchie attribuzioni di questa carta sono completamente sbagliate dal punto di vista simbolico – come, per esempio, la sua identificazione con il Verbo, la Natura Divina, il Ternario [6] e così via.
[1] Sia Regina Coeli che refugium peccatorum sono epiteti della Vergine Maria, considerata rispettivamente nel suo aspetto celeste e terrestre.
[2] Cioè come quanto vi è di più elevato nella sfera mondana e come velo che ricopre i luoghi più riservati e santi; il sancta sanctorum era la parte più interna del Tempio di Gerusalemme, dove poteva entrare solo il sommo sacerdote.
[3] Inteso come il verbo giovanneo (Giov. 1:18): “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio …”. Il senso è che l’Imperatrice manifesta il Verbo divino, ne rappresenta la risultante sul piano della procreazione, ma non è il Verbo nel suo significato puramente spirituale.
[4] Vedi nota precedente.
[5] Sul mito della creazione dell’umanità da Venere, vedi Saturnia Regna.
[6] In questo Waite si pone in aperta contrapposizione con Mebes, che vede il ternario come il principio della generazione dato dall’unione del principio attivo con quello passivo (vedi il suo L’Imperatrice).
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