Saturno introduce l'essere umano al concetto di tempo lineare, alle necessità insite nei limiti imposti dal divenire.

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Saturno è, nell’ambito del settenario classico, il pianeta più esterno del sistema solare (escludendo per il momento il ruolo dei cosiddetti pianeti transaturniani). Esso separa, limitandolo con la sua orbita, il sistema solare dal resto del cosmo; in questo si accorda con le attribuzioni anatomiche dell’astrologia che vedono Saturno governare la pelle.

Rudhyar colloca Saturno in un rapporto di polarizzazione che vede il pianeta come completamento della coscienza solare nel contesto di appartenenza sociale; è la resa permanente dei fattori individuali all’esistenza comunitaria, la finalità dell’espressione solare che si rivela nell’estrinsecazione di una vita condivisa dove l’individuo possa esprimere la propria natura diventando così consapevole di se stesso, dell’”io sono”. Le caratteristiche decisive a cui, dal punto di vista sociale, se ne ascrive il simbolismo, sono gli aspetti della permanenza e della stabilità, che originano tutta una serie di costrutti quali la legge, l’ordine, ecc. che nell’esperienza di gruppo consentono l’edificazione di fattori di coesistenza comune rispettosi dell’individualità propria e altrui; come lo scheletro sostiene gli organi, così Saturno garantisce uno schema sociale dove l’individuo si possa raffrontare agli altri secondo il ruolo che gli compete.

Gli aspetti negativi di Saturno si rivelano quando la stabilità che esso garantisce diventa un’esigenza assoluta, imprescindibile; le strutture saturnine preposte alla cooperazione sociale e comunitaria vengono percepite allora come una tirannide, il pensiero lineare come un dogma ineludibile, la struttura dell’io come il dominio dell’ego. Tutto questo perché viene perso di vista il valore sacrificale insito in Saturno, l’offerta simbolica della propria individualità per riconoscersi e armonizzarsi nel più vasto consesso sociale. Designando Saturno il confine di rappresentazione della struttura individuale centrata sul Sole, il successivo lavoro di espansione di un sé realmente integrato nella visione universale verrà svolto, come vedremo, sotto l’egida dei pianeti transaturniani.

Saturno visto dagli astrologi

È interessante anche notare che Dane Rudhyar, oltre alla polarizzazione Sole-Saturno a rappresentare l’espansione sociale della coscienza (il segno del Leone domicilio solare che si oppone all’Aquario domicilio di Saturno diurno), tiene conto pure della diade Luna-Saturno, l’energia psichica che fluisce nel campo della coscienza modificandone i contorni; ovvero la Luna ‘versa’ energia nella struttura saturnina rendendola vivente, in un connubio di forma-energia che prelude alla caratterizzazione del sé in forma umana (il segno del Cancro domicilio lunare che si oppone al Capricorno domicilio di Saturno notturno). Rudhyar utilizza un’espressione peculiare per definire il ruolo lunare: La Luna è quella porzione di Sole racchiusa da Saturno; con ciò intende forse affermare che l’ingresso di Saturno nell’equazione personale consente il formarsi di una coscienza riflessa nell’esperienza oggettiva, la creazione di una struttura che abilita la pura presenza di sé a manifestarsi nel più vasto consesso sociale.

Per Liz Greene Saturno simboleggia un processo psichico in grado di utilizzare le esperienze del dolore, delle restrizioni e la disciplina come mezzi per raggiungere un maggior grado di consapevolezza, in altre parole per avvicinarsi all’archetipo del Sé. Le esperienze critiche e limitanti di cui Saturno si ammanta non sono generalmente intese come frutto delle proprie debolezze, bensì come eventi ‘esterni’ al di fuori del nostro controllo, per cui il pianeta si è guadagnato il titolo di “Signore del Karma”. Ma il concetto rivelatore in questo contesto è che l’essere umano si crea il proprio destino portando inconsciamente alla realtà quelli che sono i suoi modelli interiori, che poi si attualizzano nelle prove di cui Saturno è latore. Quindi le esperienze limitanti divengono il banco di prova attraverso cui l’individuo riconosce il suo vero sé; da questo punto di vista esse sono come una cartina di tornasole che indicano la strada maestra verso la risoluzione delle dualità, risoluzione necessaria per completarsi in una più vasta consapevolezza in cui bene e male, luce e buio, rappresentano gli estremi attraverso cui trasformare il piombo saturnino nell’oro alchemico della coscienza integrata.

Per Lisa Morpurgo, l’esclusivismo egopatico (sic) dell’Ariete offre l’occasione di smascherare l’errore ‘paradossale’ (sic) compiuto nei secoli da una visione dialettica che vede il pianeta come la ‘fine’ del Sole, il deterrente della pura attività solare, in una sequenza di aspetti limitativi quali la freddezza, il pessimismo, la mancanza di vigore che, qualora se ne comprenda l’utilità, correggono le manchevolezze del luminare. In una parola gli eccessi patriarcali e auto-celebrativi del Sole sarebbero migliorati dalla razionalità saturnina, quasi come se il principio solare non potesse esprimere un significato simbolico in sé compiuto. Spetta poi all’esaltazione di Saturno in Bilancia il compito di correggere la “smania di unicità” solare grazie all’applicazione della giustizia. Ella cita ancora la relazione tra Saturno-vecchiaia e il culto matriarcale di Atena (sorella di Ares e dea della strategia militare, ma Morpurgo la associa a Saturno e non a Venere diurna); in sostanza afferma che, con l’aborto quale valore totemico e la guerra come tabù, il matriarcato origina una struttura sociale dove è più facile invecchiare, da cui l’instaurarsi di siffatto legame simbolico; mentre in un contesto patriarcale Atena – Saturno, appoggiata dall’esaltazione di Marte in Capricorno, diventa l’ascesa femminile grazie all’uso ragionato della forza.

Roberto Sicuteri vede in Saturno il legame tra materia e Spirito, intendendo forse con questo la “fine” dell’esperienza materiale, oltre la quale l’espressione individuale si esprime al di là dei suoi contorni fisici (nella vita sociale o spirituale). Questa dicotomia, raffigurata secondo l’autore dal glifo del pianeta che disegna la croce della materia sovrastante la curva iperbolica dello spirito, ricorda un po’ il pensiero di Rudolf Steiner in merito al mondo minerale, da lui considerato non privo di spirito, ma in cui lo spirito si situa “al di fuori”, così che la mineralità viene a significare lo stato di massima densità della pura materia. Vale la pena di ricordare che nel pensiero alchemico la materia rappresenta lo stadio finale e più denso dello spirito, come espresso nel conseguimento dell’Opera al Rosso.

Nella prosecuzione del tema, in quanto psicologo ad indirizzo junghiano, Sicuteri dà una lettura in chiave prettamente psicoanalitica, che per quanto di interesse rischia di porsi a monte del simbolismo esoterico, vanificando gli sforzi di chi vede nell’astrologia uno strumento per il superamento della condizione puramente individuale. In sintesi viene detto che, nel suo aspetto di signore del Tempo (Crono) Saturno divora i suoi figli per il prevalere dell’aspetto Senex rispetto al Puer, dell’orco castrante che vuole cancellare, con il figlicidio, l’idea di una posterità che mina le fondamenta della propria assolutezza; e che con l’evirazione paterna tenta di porre fine alla dipendenza da un principio a sua volta soverchiante. Questa è la trasposizione, a livello della psicologia del profondo, della rottura di un ordine celeste in favore di un’indipendenza che si paga a caro prezzo, perché l’ingresso di lì in avanti nel tempo misurabile impone di riflesso il sacrificio filiale, il tentativo di fermare il tempo incapsulandolo in un soverchiante concetto egoico. In un certo senso Saturno diviene la “brutta copia” di Urano; è il Titano desideroso di ristabilire il mitico soggiorno atemporale in un mondo in cui si è ormai imposta una visione storica e lineare.

Il mito di Saturno

Nella mitologia esiodea della Teogonia si narra che Crono – Saturno per i Romani – è il più forte dei Titani generati dall’unione di Gea, la madre terra, con Urano, il cielo stellato. Urano è già un padre impietoso, che nasconde i figli appena nati nelle profondità della terra; Gea, gravata dal peso della situazione, crea nelle sue viscere l’essenza del ferro e ne estrude una falce, istigando Crono a evirare il padre. Compiuto l’atto Crono sposa la sorella Rea e memore del vaticinio del padre, il quale gli profetizza la sua stessa sorte, divora i figli avuti con Rea per timore di vedersi a sua volta spodestato; uno di questi, Zeus – Giove, scampato con uno stratagemma alla triste sorte, lo detronizza confinandolo nel Tartaro.

Quale fu dunque la risultante dell’evirazione paterna secondo il mito esiodeo? La separazione del cielo dalla terra, in termini astronomici l’instaurarsi dell’obliquità dell’eclittica che di lì in avanti segna l’inizio del tempo misurabile, ma anche della rottura dell’unità originaria. Saturno, in quanto primo pianeta ad affacciarsi sul cielo delle stelle fisse, figura come reggente del moto dell’Universo; alla fissità stellare, testimone dell’essenza dell’Essere di là da ogni mutamento, fa da contrappunto il corteggio degli dèi planetari espressione immanente della silenziosa volontà del cielo. La prima generazione del mondo, sotto l’egida di Urano, fonda un’era di sostanziale equilibrio; l’armonia regna sovrana, ma “il padre, il grande Urano, chiamava Titani i figli da lui generati: li volle distinguere con un nome biasimevole perché si erano macchiati di empietà compiendo un immane misfatto, di cui un giorno avrebbero pagato il fio.” Il Titano è lo “sforzatore”, il “dilatatore”, secondo l’etimo greco della parola, colui che distorcendo la misura dell’ordine celeste rappresenta miticamente lo sconvolgimento astronomico che segna il distacco dell’uomo dal cosmo: ad un certo punto si scopre che il sorgere eliaco di una costellazione non coincide più con il segno zodiacale di riferimento, a causa dello sfasamento indotto dalla precessione degli equinozi; è la perdita della perfezione narrata nelle tradizioni sapienziali di tutti i tempi, la fine dell’Età dell’Oro. Di lì in avanti la macina del tempo inizia a frantumare le ere dell’umanità, facendo sorgere e trascinando impietosamente nell’oblio imperi e civiltà.

Il latino Macrobio dal canto suo insiste sull’equivalenza di Kronos (Saturno) e Chronos (il Tempo), perché Saturno con il suo atto diede inizio effettivamente al tempo; ed è sempre per questo motivo che Crono divora i suoi figli, in quanto il tempo porta a consumazione ciò che fa nascere. Nei suoi Saturnalia egli ci narra con dovizia i particolari della separazione dal cielo: “Avendo Saturno tagliato i genitali del padre Cielo, e avendoli gettati in mare, ne nacque Venere che, dal nome della schiuma (in greco afrós) da cui fu formata, prese il nome di Afrodite. Così come i diversi principi di tutto ciò che ha avuto forma dopo il cielo discendono dal cielo stesso, e come i diversi elementi che compongono il mondo nella sua totalità discendono da questi principi, non appena il mondo fu terminato nell’insieme delle sue parti, arrivò il momento in cui i principi generativi degli elementi cessarono di discendere dal cielo, poiché la creazione di quegli elementi era ormai compiuta. Da allora, per perpetuare senza sosta la moltiplicazione degli animali, la facoltà di generare attraverso i fluidi (ex humore) fu trasposta all’azione venusiana; di modo che, da quel momento, tutti gli esseri viventi furono generati dall’unione del maschio con la femmina. A cagione dell’amputazione dei genitali, i fisici (si intendono i filosofi fisici, ossia coloro che ricercano la Physis o natura delle cose esterne, le leggi e la sostanza del mondo materiale e misurabile) diedero al dio il nome Saturno, da Sathimus, derivato da satheh, che ha il significato di membro virile”. Cessata la generazione celeste, subentra la procreazione da uomo e da donna sotto gli auspici di Afrodite, che dà inizio al ciclo dell’umanità. Ancora Macrobio nella sua opera descrive Saturno come auctor temporum, maestro agricoltore che designa i tempi e i luoghi della semina, delle coltivazioni e dei raccolti; l’agricoltura esercita una funzione sacrale in seno alle civiltà tradizionali, perché enfatizza la correlazione esistente tra i cicli celesti e quelli terrestri.

Attribuzioni mitologiche

  • Saturno come iniziatore dell’umanità attuale che da un preesistente stato edenico retto da Urano (il Cielo) “cade” nella dimensione materiale governata dal tempo e dalla generazione attraverso la differenziazione dei sessi.
  • Saturno come maestro agricoltore che, attraverso i tempi delle semine e dei raccolti, collega le stagioni terrestri all’immutabilità dei cicli celesti.

Attribuzioni simboliche

  • La pelle (delimita la corporeità dal mondo esterno così come Saturno, nel settenario classico, è l’estrema propaggine del sistema solare.
  • Lo scheletro, i denti, gli annessi cornei, in generale l’apparato minerale dell’organismo. Questo perché lo stato minerale rappresenta la densità estrema della materia, ovvero la completa manifestazione fisica dello stato spirituale.
  • Sul piano mentale la concentrazione, la solitudine, l’analisi, la razionalità, l’essenzialità, la profondità e le attitudini meditative. Sono tutte doti che rimandano, in chiave di pensiero, al simbolismo di Saturno inteso come essenza della materia e che in campo intellettuale sono vissute come linee guida di un retto pensiero tendente all’elevazione.
  • Sul piano morale la costanza, la perseveranza, la scrupolosità ma anche le prove e i sacrifici. Gli aspetti positivi sono facilmente assimilabili al simbolismo saturnino del tempo, che nel suo regolare scandirsi edifica gli atteggiamenti così come le ere geologiche. Il carattere sacrificale è dato sempre dall’attributo temporale visto però nella sua veste di divoratore (Crono che divora i suoi figli). Nel contesto della parabola individuale la prova è in realtà la scelta che viene offerta tra un destino che vuole seguire le sollecitazioni istintive senza rinunciare alle soddisfazioni che ne derivano e un destino che attraverso l’offerta sacrificale del proprio tempo porta all’elevazione. Il tipo saturnino è il più delle volte inconsciamente orientato verso questa seconda opportunità, per cui percepisce gli avvenimenti problematici dell’esistenza non come destino avverso ma come viatico per il miglioramento di sé.

Bibliografia

  • Dane Rudhyar – The Galactic Dimension of Astrology – New York 1975
  • Lisa Morpurgo – Lezioni di Astrologia – 1995
  • Roberto Sicuteri – Astrologia e Mito – Roma 1978
  • Liz Greene – Saturn – York Beach, Maine 1976

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