La seconda fase della trasmutazione cosciente

Con questa seconda fase, che segue sempre le linee guida espresse nel paragrafo sul trasferimento di coscienza, facciamo un passo avanti nell’esperienza della trasmutazione. L’esercizio precedente, sul trasferimento in oggetti inanimati, ci ha preparati ad assumere la parvenza di un oggetto fisico e la sua relazione con l’ambiente circostante. Ora è il momento di progredire verso la fase successiva, in cui stabiliamo un contatto con le sensazioni oltre che con la forma dell’ente verso cui rivolgiamo la nostra attenzione, in questo caso una pianta o un vegetale.
Per comprendere in profondità il significato del regno vegetale secondo la conoscenza spirituale, dobbiamo prima analizzarne la funzione in seno all’ecosistema terrestre, per poi risalire al senso sottile attraverso le leggi dell’analogia. Semplificando di molto, una pianta è composta da una parte radicale e da una parte aerea. L’apparato radicale si occupa di ancorare la pianta al suolo, estrarre da esso i nutrienti e i minerali, interagire con l’ambiente circostante e con le altre specie vegetali. Attraverso la clorofilla presente nelle foglie o negli steli della parte aerea, e una serie di complesse reazioni a livello chimico-atomico, la luce solare viene trasformata in energia attraverso il processo noto come fotosintesi; un’ulteriore conseguenza della reazione di fotosintesi è la produzione dell’ossigeno presente nell’atmosfera terrestre. La riproduzione, in base alle specie, avviene per via asessuata (ad es. per propagazione vegetativa) o sessuata (impollinazione, formazione di frutti e semi, ecc.).
Con questo in mente, iniziamo la pratica seguendo le medesime indicazioni date per l’esercizio sugli oggetti inanimati. Dopo esserci posti di fronte a una pianta – in vaso o all’aria aperta se le condizioni lo consentono – e averne fissata l’immagine con la concentrazione visiva, procediamo con l’immedesimarci nella sua forma. Questa volta cerchiamo di applicare le direttive del secondo stadio del trasferimento; quindi, iniziamo a “sentire” come un vegetale, a percepire il lavoro delle radici che estraggono dal suolo le sostanze minerali, lo scorrere della linfa che attraverso il tronco porta il nutrimento alle foglie, e la luce del Sole da cui traiamo l’energia per lo sviluppo. Ma come sperimenta tutto questo una pianta?
Alla formazione del regno minerale, lo stato più denso della sincope spirituale, segue la nascita sulla Terra del regno vegetale, il primo elemento di contatto tra Cielo e Terra. La pianta funge dunque da intermediario, predisponendo la strada allo sviluppo di forme di vita non più ancorate al suolo. Quello del regno vegetale è una condizione vitale indifferenziata, permeata da una coscienza che a noi appare allo stadio crepuscolare perché abbraccia tutte le forme attraverso le quali si esprime. Il suo fine è quello di trasmutare l’ essenza minerale in modo che si avvii – grazie all’intervento della luce – il processo generativo in grado di trasformare il mondo in sostanza vivente.

La comparsa della generazione vegetale sessuata e delle infiorescenze è poi un mirabile esempio di come la natura crei le condizioni specifiche per integrare nell’evoluzione le specie animali che si occupano dell’impollinazione.
Nel corso della pratica evitate di “pensare” l’ente vegetale nei termini della coscienza umana individuata; cercate invece di percepire la corrente che nasce, nella sua forma, dall’incontro tra il nutrimento terreno e l’energia solare. Come di consueto, una volta padroneggiata l’esperienza per almeno cinque minuti, potete passare all’esercizio successivo.
Addenda
In un paragrafo precedente si è detto che le specie del regno vegetale sperimentano uno stato di coscienza che appare crepuscolare, cioè privo della consapevolezza formale. Ciò dipende in gran parte dalla nostra incapacità di abbracciare stati di percezione allargati, che trascendono la nostra nozione di individualità. Nei miti greci vi sono parecchi riferimenti alle Driadi, le ninfe degli alberi; ma il folklore di tutti i popoli pullula di richiami a questi esseri che personificano la coscienza del mondo vegetale rendendocela visibile e comprensibile; Paracelso [1] ha illustrato estesamente il fenomeno nel suo Liber de Nymphis. Il mito si occupa così di rivestire in forma umana ciò che fatichiamo a riconoscere come ente che oltrepassa le barriere individuali, di cui percepiamo solo le propaggini.
[1] Paracelso (c. 1493-1541), nato Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, fu un medico, alchimista, teologo laico e filosofo svizzero appartenente alla corrente di pensiero del cosiddetto Rinascimento tedesco. Pioniere della rivoluzione medica del tempo, enfatizzò sia il lavoro di osservazione e la diagnosi clinica che la commistione delle scienze con la visione spirituale, l’astrologia e l’alchimia. Per lui, la malattia derivava da una mancata armonia tra il microcosmo umano e il macrocosmo (la natura), che andava curata con rimedi chimici e minerali. In base poi alla sua dottrina delle segnature, l’identificazione del potere curativo delle piante dipendeva dalla somiglianza di una pianta o delle sue parti con l’organo che andava curato. Inventò moltissimi trattamenti per curare svariate malattie, in contrasto con la tendenza dell’epoca a non fare uso di rimedi specifici. Enfatizzò il valore delle diete, del digiuno e della pulizia delle ferite per evitare le infezioni. Fu il primo a riconoscere che malattie come la sifilide potessero derivare dal contatto con germi esterni.
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