Il Logos come vibrazione creatrice

Consapevoli che partiamo dal presupposto, per noi essenziale, secondo il quale ciò che esiste non è frutto di un caso o di un fato bizzarro e irrazionale, ma tutto è stato voluto da Dio e che il Creato è (e sempre sarà) dentro il suo Disegno, possiamo provare ad affrontare il significato fondamentale del termine “Parola Eterna” e, soprattutto, cosa implichi la sua effettiva ricerca.
Nel Vangelo di Giovanni il Verbo siede eternamente accanto a Dio:
In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
giovanni 1:1
Dunque, l’esistente esisteva, ed esiste, perché esisteva il Verbo, e il Verbo era presso Dio pur essendo ben distinto da Lui, trattandosi della sua immagine. Il Verbo è il movimento, la prima separazione, da cui (dall’archetipo) discende il binario.
Il termine “principio” non è però da intendersi in senso letterale: in Genesi leggiamo dell’inizio della creazione nel “principio” a cui si allude, ma in realtà siamo in un tempo fuori dal tempo, meglio forse dire in un “non-tempo”; non va infatti dimenticato che il termine “principio” è la traduzione del greco ἀρχή (arché), che assume il significato di origine, di sorgente intangibile delle cose che esistono.
Successivamente, il Vangelo afferma che
Tutto è stato fatto per mezzo di Lui (per mezzo del Verbo) e senza di Lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
ibid. 1:3
Per proseguire dicendo che
In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini.
ibid. 1:4
Anche nella Lettera ai Colossesi Paolo di Tarso (San Paolo) afferma che
Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui.
ai colossesi 1:16
Mentre nella Lettera agli Ebrei egli stesso ricorda che
Per fede, noi sappiamo che i mondi furono formati dalla Parola di Dio, sicché dall’invisibile ha preso origine il mondo visibile.
agli ebrei 11.3
Tutti questi riferimenti suggeriscono l’immagine di un Principio costitutivo di tutte le cose che non può essere la Parola Eterna, tanto meno il suo corrispettivo in movimento, ossia il Verbo. Siamo piuttosto di fronte all’immagine di una Potenza che crea e conserva tutte le cose per mezzo della Parola, offrendo alle cose generate una perenne testimonianza di sé. Il creato porterebbe infatti in modo indelebile la traccia del Pensiero creatore (la Potenza) che, attraverso la Parola (l’Atto), ordina e guida l’inconoscibile, rendendo così comprensibile la Sua incomprensibilità e visibile la Sua invisibilità.
Esprimendoci con un’immagine, possiamo paragonare l’Infinito a un “libro” – così diceva anche Galileo Galilei – considerandolo come “l’opera di un Autore che si esprime mediante la sinfonia del creato”. La partitura sono le quattro parole e le trenta lettere (che, secondo la tradizione, mano a mano che venivano pronunciate si moltiplicavano all’infinito) e delle quali conosciamo soltanto la prima, composta dalle quattro lettere di arché, l’origine appunto.
A tale proposito, alcuni Salmi ci insegnano che
Dalla Parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della Sua bocca ogni loro schiera.
salmi 33:6
Ed ancora:
Egli parlò e tutto fu creato, comandò e tutto fu compiuto.
ibid. 33:9
E:
I cieli narrano la gloria di Dio, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento.
ibid. 19:2
Da tutto ciò possiamo scorgere nel “Divino” una premessa della Conoscenza, e nel Verbo la
prima manifestazione e qualificazione del Divino stesso. Il Verbo non sarebbe dunque solo “Parola di Dio” (che, secondo alcuni, con l’incarnazione del Verbo ci è stata trasmessa), ma potrebbe essere inteso come Conoscenza. Una conoscenza totale dell’assoluto, dello spazio e del tempo, ma in modo completamente differente da quello che noi oggi possiamo percepire attraverso i nostri cinque sensi e che ci proietta oltre l’apparenza, oltre la frammentazione del dispiegamento binario della manifestazione. Forse per questo il Verbo, parte medesima inscindibile del Divino e Sua prima manifestazione, è collocato in primo piano nelle Scritture: La Potenza non emanata rimane a monte del creato e al contempo è anche l’origine di ogni cosa, senza peraltro che la creazione sia il creatore.
Vi è indubbiamente una enorme difficoltà nel comprendere il mistero di ciò che anima e precede la Creazione, che – come premesso – non può essereridotta a semplice causalità scientifica; dobbiamo essere onesti e ammettere come la nostra razionalità trovi un limite invalicabile innanzi a ciò che precede quel fatidico momento in cui l’Immanifesto si manifesta.
Sicuramente possiamo solo speculare su come possa essere avvenuto quel riflettersi in sé stesso che determinò il primo movimento – rappresentato dal Verbo – che diede origine alla prima impronta del Tempo. Come il lampo che illumina la tenebra, dal Nulla scaturisce il Verbo (forse è questa una immagine più comprensiva); esso è il principio ordinatore, nerbo della sostanza: il Verbo trasforma la Sostanza Prima, la ordina, la conosce tutta e la irrora di nuova vita dando continuamente testimonianza della Sua azione. Il Verbo precede la Creazione, perché il Verbo, come prima emanazione, è perfetto.
Il Verbo reca in sé il concetto di Esistenza, il Verbo È, ed è ciò che rende manifesto l’immanifesto, quello che rende possibile distinguere la Forma, rendendola dunque intelligibile. Il Verbo è relazione, ma non mediazione.
Spiegano alcune correnti cabalistiche, che la Luce Increata promana dai tre veli negativi, e si infonde dando forma al Grande Anziano (Kether); egli dà vita alla creazione ancora inanimata, col soffio e con la presenza divina, tanto che è detto che se la presenza si ritirasse dalla Creazione, questa seccherebbe come un canale in cui non scorre più acqua. Ancora oggi i cabalisti ricercano la corretta pronuncia del nome divino, per acquisirne – per così dire – i poteri e gli attributi.
Ancora, Trimegisto nel Corpus Hermeticum ci tramanda in una efficacissima immagine come
Il Verbo (Logos) apparso dal Pensiero (il Padre) è il Figlio di Dio. Non sono separati l’uno dall’altro; proprio nella loro unione si forma la vita.
corpus hermeticum – london 1906, p. 6.
In effetti spesso, nella visione alchemica, il Verbo è descritto come soffio di vita articolato in espressione sì compiuta, ma anche dinamica ed eterna. E’ l’aria che nasce dal fuoco del puro intelletto divino, e raffreddandosi si muta in rugiada, a sua volta destinata a dare vita all’elemento terra che darà testimonianza dell’opera compiuta.
Nel risalire la china della percezione, e spesso nel rotolare rovinosamente a terra, l’iniziato incontra così il “logos”, la matrice di ogni forma. Per gli gnostici alessandrini, esso era il pensiero, la Sophia, la prima ipostasi che, una volta separata dalla coscienza che l’ha generata, determina un duplice disconoscimento fra Ente pensante, pensiero e azione.
L’organizzazione della materia, la creazione nel suo complesso, è frutto di un pensiero che non riproduce la totalità, l’unità, della fonte prima.
Prendendo coscienza della difformità fra Creazione, Pensiero, e Ente pensate (il quale è certamente “altro” rispetto alla Sorgente), si determina un abbandono insostenibile, che provoca nel cercatore un ardente desiderio di ritorno e, nel contempo, di abbandono della manifestazione in quanto imperfetta.
Il Verbo dunque inteso come Parola, come discorso, come forma, come totalizzazione di un principio, di una causa prima esplicantesi in una manifestazione; ancora, come la causa di ogni causa e di ogni effetto sul nostro quaternario.
Questo porta al Verbo come Conoscenza; per partecipare a questa conoscenza il ricercatore
deve percorrere una via perigliosa attraverso il superamento della percezione sensoriale; tale desiderio di “reintegrazione” (e che altri chiamano “salvezza”) è infatti tutto tranne che un esercizio intellettualistico, anzi per esperienza diretta posso affermare che talvolta la presunzione di comprendere (o peggio ancora di spiegare) le realtà metafisiche con la mente, oltre che illusorio, può essere d’ostacolo.
Considerando quanto finora detto, la Parola parte da un Pensiero e, rappresentandolo, gli dà forma e crea immagini, suggestioni, sentimenti, azioni e/o reazioni. Iacopo Badoer [1] annotava che “di un buon tacer non fu mai scritto” (la frase esatta sarebbe “Un bel tacere mai scritto fu“) e in effetti, un uso errato della Parola, ovvero quando viene utilizzata senza essere connessa al pensiero (banalmente: “non pensavo davvero ciò che ho detto”), crea false immagini o comunque immagini diverse dalla cosa pensata.
Per le sue proprietà taumaturgiche, la Parola andrebbe anche usata con la “pronuncia” e il “tono” giusti; se però è facile comprendere il concetto di pronuncia corretta, più complesso è quello del tono, connesso essenzialmente alle vibrazioni (frequenze) della voce e al loro diffondersi dinamico nell’etere.
Tutto ciò, ovviamente, è altresì valido per la Parola scritta, come può essere questa, che va dosata e ponderata usando i termini il più possibile corretti perché, esattamente come quella orale, creando produce il bene e il male, il bello e il brutto, il buono e il cattivo e, così via, tutti gli opposti.
Per arrivare a questo, è anche e soprattutto, necessario liberarsi dalle scorie che appesantiscono il nostro modo di essere, di vivere, di sentire; scorie a causa delle quali, come ebbe a dire San Paolo: “in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo” (Romani 7:18). Solo attraverso la catarsi e la purificazione, svincolandosi dalla logica materiale, dal rumore assordante dei pensieri riflessi, dalle idee e dai concetti stereotipati, dalla fantasiosa immaginazione, dai sentimenti opprimenti connessi tutti al nostro animo predatorio si potrà, auspicabilmente, favorire il collegamento fra l’anima e l’Io interiore, alla ricerca della Vera Luce, centro dell’Io originario nelle sue infinite sfaccettature, e realizzare (qui sta la “scommessa”) l’unione mistica con la divinità.
La mente, illuminata e liberata da strutture condizionanti psico-cerebrali, inizierà allora forse a espandersi quale piano mentale oltre il fisico, tornando ad essere sede, se pur momentanea, della coscienza pura dell’Io Superiore. Praticamente tutte le nostre meditazioni insistono nel farci progressivamente educare la nostra Parola e a renderla indipendente dall’impulso dell’Io egocentrico che muove i nostri desideri e che interagisce con le nostre passioni, pronte a conseguire vantaggi di qualsiasi tipo e in ogni settore delle nostre relazioni con l’esterno. In alternativa: Io Spreco.
In un utilizzo rituale, l’azione combinata di Pensiero, Parola e Gesto, dovrebbe produrre nel tempo un ridimensionamento del proprio essere e un allargamento della coscienza fino all’incontro con l’Io Interiore e, attraverso questo, con il Logos Solare. Con la Via del Sentire che conduce al pensiero libero dai sensi, si dovrebbe educare l’anima fino al punto di percepire metafisicamente l’intero creato; la Via del Pensiero si trasforma così in Via dell’Io, Via del Cuore (o cardiaca), Via del Logos Solare.
Bibliografia
Benedetto XVI – Esortazione apostolica Verbum Domini, nn. 8-13 aprile 2012.
Pontificia Commissione Biblica – Bibbia e morale. Radici bibliche (11 maggio 2008).
Gastone Ventura – Cosmogonie Gnostiche – Roma 1975.
Gabriele Palasciano – Alla ricerca del Logos. Un percorso storico-esegetico e teologico – Todi 1997
Antonio D’Alonzo – L’immaginario del labirinto. Metamorfosi e trascendenza – Acireale 2017
[1] Iacopo Badoer (o Badoaro, 1602-1654) era un nobile veneziano, poeta e librettista. Fu autore del libretto dell’opera di Claudio Monteverdi Il Ritorno d’Ulisse in Patria, nel quale appare il detto citato, e di altre opere sempre di Monteverdi. Fu anche membro dell’Accademia degli Incogniti, una società di nobili liberi pensatori intellettuali.
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