L’utilizzo dell’acqua come accumulatore di pensieri

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La lettura e la successiva interpretazione di questa sezione dell’IIH suscitano qualche perplessità nel praticante. Non si tratta di un dubbio suscitato da un’incompletezza dell’esposizione, ma dall’introduzione di un concetto – quello della magnetizzazione di una sostanza – che sarà trattato solo nei Livelli successivi; la confusione nasce quindi dalla difficoltà di elaborare una linea d’azione senza conoscerne i presupposti. Fortunatamente, un’attenta analisi del testo ci permette di comprendere quello che Bardon sottintende con le sue parole.

La pratica è inerente all’acqua e ai suoi utilizzi come accumulatore. L’acqua fisica, in quanto espressione sul piano materiale dell’omonimo Elemento sottile, è dotata di riflesso di un qualità ricettiva, atta ad attrarre e ad accogliere gli influssi esterni. Questo accade con l’acqua fredda; il valore massimo di ricettività si raggiunge con il suo pieno peso specifico, che dipende dalla temperatura; a 4° C il peso specifico dell’acqua è pari a 1 kg per dm3. Con il crescere della temperatura, le proprietà magnetiche dell’acqua decrescono, sino ad annullarsi intorno ai 36°-37° C. Il fenomeno si spiega, dal punto di vista simbolico, con la natura dell’Elemento Acqua nel suo stato sottile: essa è il principio ricettivo e magnetico per definizione, la forza di attrazione e di caduta verso il basso. L’acqua fisica, espressione di questo principio superiore, è in grado di esercitare per analogia un effetto traente quando posta in contatto con altre sostanze. Ma se si verifica un aumento di temperatura – una commistione con l’Elemento Fuoco – si genera un moto particellare disordinato e attivo con conseguente perdita della stabilità molecolare necessaria ad assicurarne il magnetismo.

Le difficoltà interpretative nascono in questo punto. Leggendo il testo, pare che si debba “magnetizzare” l’acqua con qualche tipo di energia vitale o simili; ma non è così, perché l’acqua è magnetica per natura. Il modus operandi è in parte analogo a quello già sviluppato per la respirazione consapevole e l’assunzione consapevole del cibo: si tratta di impregnare le sostanze con l’ideazione scelta tramite l’ausilio dell’ākāśa, che permea tutti gli Elementi. La differenza in questo caso è che noi sfruttiamo il magnetismo naturale dell’acqua per imprimere con maggiore efficacia le nostre idee nell’elemento in questione.


Bardon suggerisce alcuni metodi di pratica, parte dei quali andrebbero adottati come abitudinari:

  • Quando ci laviamo le mani con il sapone, proiettiamo con forza il pensiero che l’atto non solo rimuove lo sporco fisico, ma anche e soprattutto le negatività dell’anima, i malumori, la depressione, le insoddisfazioni, i malanni fisici e psichici; tutto viene lavato via dall’acqua. Nel momento in cui il liquido defluisce, pensiamo che tutto questo scorre via con l’acqua. In mancanza di un lavandino possiamo usare una bacinella, usando l’accortezza di buttar via immediatamente l’acqua utilizzata in modo da impedire ad altri di venirne in contatto. La stessa procedura può essere eseguita con l’esercizio mattutino della doccia fredda, ed in questo caso è ancora più efficace.
  • In alternativa possiamo immergere le mani in acqua fredda, concentrandoci sull’idea che il magnetismo dell’acqua estrae le negatività e le debolezze. Anche in questo caso l’acqua va gettata via immediatamente.
  • L’esercizio può anche essere invertito: si proietta un’idea o un desiderio nell’acqua contenuta in una bacinella, dove poi si immergono le mani, rimanendo fermamente convinti che in questo modo l’energia del desiderio passa dall’acqua al corpo; questo modo di operare è quello che più si avvicina alla già citata respirazione e assunzione consapevoli. Chi ha tempo può unire i due metodi: prima si lavano via le impurità, si scarica o si butta via l’acqua e successivamente si impregna dell’altra acqua con il desiderio, immergendovi poi le mani.
  • Un altro esercizio dalle modalità “estetiche” consiste nell’immergere per qualche secondo la faccia nell’acqua per sette volte, impregnandola preventivamente con il desiderio che la pelle del volto diventerà più tonica ed elastica. Bardon suggerisce di aggiungere un po’ di borace (tetraborato di sodio) nell’acqua. Quest’indicazione andrebbe considerata con cautela; pur avendo diversi campi di applicazione (saponi, disinfettanti, insetticidi), i regolamenti CE classificano i derivati del boro come nocivi alla fertilità e irritanti per gli occhi. Se convertito in acido borico e diluito con acqua, il tetraborato prende il nome di acqua borica, utilizzata come antisettico, antimicotico e per la cura degli occhi arrossati.
  • L’ultimo esercizio riguarda i bagni oculari. Bardon descrive un metodo per così dire “arcaico”, fatto di acqua bollita il giorno prima e poi utilizzata il giorno seguente in una bacinella per il lavaggio degli occhi, aggiungendo se aggrada del decotto di Eufrasia officinalis (un antisettico oculare dalle proprietà decongestionanti). Oggi in commercio esistono delle occhiere e dei liquidi sterili con estratti di erbe (compresa l’Eufrasia) per i bagni oculari; descriveremo quindi il metodo basandoci su questo supporto. Si riempie l’occhiera con il liquido, impregnandolo con l’ideazione prescelta; lo si poggia sull’orbita oculare, si rovescia il capo all’indietro e si apre l’occhio, ruotandolo per qualche secondo; si abbassa il capo, si toglie l’occhiera e si ripete il procedimento per altre sei volte; si passa quindi all’altro occhio seguendo le stesse modalità. Bardon consiglia agli allievi avanzati di utilizzare l’esercizio per l’incremento delle facoltà chiaroveggenti (trattate nel Livello VII).

Con questa sezione si concludono i lavori del Livello I.