L'autosuggestione come coadiuvante della volontà

Premessa
Il paragrafo che Bardon dedica all’autosuggestione fa riferimento alla possibilità di interagire con il subconscio. Il termine è spesso intercambiabile con quello di inconscio, più frequentemente utilizzato in un contesto psicanalitico. Freud, ad esempio, osservava che i contenuti repressi a livello cosciente andavano a formare lo strato inconscio (Unbewusste), ma utilizzava alternativamente anche il termine subconscio (Unterbewusste). In teoria ciò che definiamo come inconscio viene considerato come un processo mentale profondo che non ha un corrispettivo neuroanatomico; mentre il subconscio, che regola il corso di ciò che non è sottoposto al fuoco continuo della consapevolezza cosciente (come il respiro, il coordinamento motorio, la manualità automatica) è deputato come vedremo al cervelletto. In questo contesto abbiamo scelto di mantenere il termine subconscio, anche se alcuni aspetti dell’esposizione si possono riferire al termine alternativo.
Introducendo il Livello II Bardon dedica un paragrafo ai significati e alle tecniche di autosuggestione, intese come coadiuvanti degli esercizi successivi. Non si tratta quindi di una pratica a sé, quanto di uno strumento che sprona ad agire conformemente alla volontà quando si tratta di contrastare gli aspetti critici della propria natura.
Le tecniche di autosuggestione non sono certo appannaggio del pensiero magico. Esse furono introdotte e sviluppate a livello di terapia psicologica da Émile Coué, uno psicologo e farmacologo francese, agli inizi del XX sec. Egli si rese conto che la terapia farmacologica supportata da uno stato mentale positivo amplificava l’effetto dei medicamenti; la formula utilizzata risultava nella ripetizione al mattino e alla sera di una frase del tipo “mi sento meglio ogni giorno che passa”, che contribuiva a trasmutare il pensiero legato alla malattia in un pensiero di cura.
Sostanzialmente il metodo di Coué consisteva nell’occupare la coscienza con un’idea esclusiva che, con l’aiuto dell’immaginazione, saturava la mente del paziente frenando le imposizioni subconscie, così che il suo intelletto fosse positivamente suggestionato. Coué sosteneva che con questo sistema il corpo poteva dominare alcune malattie, a patto che l’immaginazione riuscisse a prevalere sui pensieri negativi. In seguito, il metodo di Coué fu applicato alle tecniche di training autogeno.
Bardon segue da vicino le linee guida già tracciate da Coué, con le ovvie differenze applicative necessarie all’utilizzo dell’autosuggestione nella pratica ermetica. In base alle sue indicazioni, l’autosuggestione ricuce lo strappo esistente tra l’aspetto cosciente – che si esprime nell’attività di veglia – e gli strati subcoscienti della psiche, che sono in grado di influenzarci superando le barriere del nostro controllo volontario. Ma cosa si intende realmente per conscio e subconscio?
L’attività cosciente, che è consapevolezza degli oggetti della percezione riflessi interiormente per il tramite degli organi di senso, trova nel cervello la sua controparte fisica; il cervello non è la coscienza, che è una funzione animica, ma ne è l’immagine sul piano corporeo. La coscienza esercita un’attività di coordinamento e di omeostasi con l’ambiente esterno che consente all’individuo di riconoscersi come tale e quindi di distinguersi, attraverso l’apposizione delle categorie spaziotemporali, da ciò che è altro da sé.
Il subconscio, come sottintende la parola, è ciò che è al disotto della soglia di percezione cosciente. Bardon lo definisce giustamente l’avversario, non in quanto elemento negativo dell’anima, ma perché rappresenta ciò che non siamo e in cui non ci riconosciamo, proiettandovi gli aspetti che consideriamo concorrenziali rispetto a ciò che abbiamo scelto di essere. Lo si potrebbe ancora descrivere come un serbatoio di potenziali inespressi, un insieme caotico in attesa di essere attualizzato, vibrante di un’energia che se non controllata rischia di travolgere la nostra personalità di riferimento. Di conseguenza il subconscio, in quanto insieme plastico, può essere qualunque cosa, anche le nostre paure e debolezze se gli diamo questa forma. In senso positivo, è il “luogo dei possibili”, per usare una metafora cara alla teologia cristiana; ma per poterne usufruire in modo vantaggioso lo dobbiamo in qualche modo “ingannare”.
Secondo Bardon, l’ostacolo principale nell’utilizzo dell’autosuggestione si rivela nel momento in cui impieghiamo il modello di pensiero abituale cercando di applicarlo al subconscio. La manifestazione di un’idea necessita dell’ambito spaziotemporale per trasformarsi in realtà, affinché la causa si tramuti in effetto. Quando esprimiamo la decisione, ad esempio, di non cedere alla passione per un determinato vizio, lo facciamo adoperando un sintagma linguistico del tipo “da domani smetterò di fumare” oppure “non mangerò più dolci” o ancora “vorrei smettere di bere”. In tutti questi casi, utilizzando il tempo verbale al futuro o una formula condizionale, conserviamo l’idea che esista una separazione tra il nostro vizio attuale e la sua risoluzione successiva, che si traduce nella durata necessaria per eradicarlo. Ma così facendo diamo tempo al subconscio di vanificare il nostro desiderio, specie se abbiamo una volontà debole; il subconscio è un potenziale, e in quanto tale al di fuori delle categorie spaziotemporali; se gli offriamo la possibilità di agire causalmente, troverà il modo per farci ripiombare nell’abitudine.
L’organo che riflette gli aspetti animici del subconscio è il cervelletto. Situato nella fossa craniale, una delle sue attività principali è attinente al controllo motorio, ma col tempo gli sono state riconosciute parecchie funzioni, in relazione al linguaggio, all’attenzione e all’immaginazione. La differenza sostanziale rispetto alla corteccia cerebrale, che nell’apprendimento opera attraverso un processo di imitazione, è che il cervelletto utilizza dei “modelli interni” per stabilire il tipo di output da eseguire. Funzionando come un collettore che riceve informazioni dal cervello, dal sistema nervoso e dalla colonna vertebrale, il cervelletto è in grado di coordinare il bilanciamento corporeo, la postura, il movimento, le funzioni mentali, la visione, e psicologicamente la resistenza ai cambiamenti. L’aspetto che lo apparenta alle funzioni subconsce è appunto la sua capacità computazionale quasi automatica, che non richiede l’intervento cosciente per le operazioni da eseguire.
In quale modo riusciamo a superare le trappole subconsce? Impiegando frasi al tempo presente o all’imperativo; riferendoci agli esempi precedenti, diremo “io non fumo”, “io non mangio dolci”, “sono astemio”, come se la propria aspirazione fosse già realizzata e il fatto compiuto. Così facendo, il pensiero permane quotidianamente nella coscienza superficiale, e di lì viene integrato un po’ alla volta nel subconscio. Va ancora ricordato che l’esercizio non è una tecnica a sé ma va combinata con altre azioni. Seguono le indicazioni sulla pratica:
- Preparate una collana di 40 perle, oppure annodate una corda con 40 nodi. Servirà a non distrarsi quando si ripete la formula scelta.
- Alla sera prima di addormentarvi e al mattino appena svegli recitate la frase scelta, facendo scorrere ogni volta una perla o un nodo. Recitate a voce bassa o mentalmente, in base alle possibilità. Durante la sessione serale, l’ideale sarebbe continuare sino a che non vi addormentate, cercando di trasferire il desiderio nel sonno; in questo modo la pratica è più efficace.
- Se per qualunque motivo vi sono dei risvegli notturni, potete approfittare dell’occasione per praticare sino a che non via addormentate nuovamente.
- Oltre alla trasmutazione degli aspetti caratteriali e abitudinari indesiderati, sono accettati i desideri che riguardano la salute, lo sviluppo di facoltà particolari, e in generale tutto ciò che ha a che fare con il miglioramento fisico, animico e spirituale della personalità. Questo esclude apporti esterni come vincite alle lotterie, miglioramenti economici ecc.
- L’esercizio è molto utile per correggere i difetti riscontrati con la pratica degli specchi del Livello I. L’autosuggestione va continuata sino a che se ne riscontra l’efficacia, dopodiché si può passare a un desiderio successivo. Si cerchi quindi, per il momento, di non porsi degli obiettivi troppo ambiziosi.
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