L'Amore sotto la Volontà

Estratti dall’opera: The Book of Toth, York Beach, ME 1969 – Trad. dall’inglese, adattamento e note di Daniele Duretto


Nei vecchi mazzi questa carta è chiamata Giustizia. La parola non ha che un significato puramente umano e quindi un senso relativo; così non deve considerarsi come una verità della Natura. La Natura non è giusta, secondo una qualunque idea etica o teologica; la Natura è esatta.

La carta rappresenta il segno della Bilancia, governato da Venere; Saturno vi è esaltato. Con ciò viene simboleggiato l’equilibrio di tutte le cose. Nella formula del Tetragrammaton è l’adattamento finale, quando la Figlia, redenta dal suo matrimonio con il Figlio, è con questo innalzata al trono della Madre; così, infine, ella “ridesta l’Antico dei Giorni. [1]

Nel grande simbolismo del tutto, tuttavia, oltre alle considerazioni sul simbolismo planetario e zodiacale, questa carta è il complemento femminile del Matto, perché le lettere Alef e Lamed [2] costituiscono la chiave segreta del Libro della Legge, e questa è la base di un sistema cabalistico completo più profondo e sublime di qualunque altro. I dettagli di questo sistema non sono stati ancora rivelati [3]. Nondimeno, si è giustamente alluso alla sua esistenza mettendo sullo stesso piano i disegni di queste due carte. Non solo quindi perché la Bilancia è il segno di Venere, ma anche perché ella è la compagna del Matto, è la Dea rappresentata come danzante, alludendo a un Arlecchino.

La figura è quella di una donna giovane e snella in equilibrio sulla punta dei piedi. È incoronata con le piume di struzzo di Maat, la dea egizia della Giustizia, e sulla fronte ha il serpente Uraeus, Signore della Vita e della Morte [4]. È mascherata, la sua espressione è la segreta e intima soddisfazione per il suo dominio su qualunque elemento di disquilibrio nell’Universo.

Tale condizione è simboleggiata dalla Spada Magica che tiene con entrambe le mani, e dalle bilance o sfere con cui pesa l’Universo, l’Alfa iniziale bilanciato esattamente dall’Omega finale [5]. Questi sono il Giudice e i Testimoni del Giudizio Universale; i Testimoni, in particolare, simboleggiano il corso segreto del giudizio laddove tutta l’esperienza attuale è assorbita, trasmutata e infine trasmessa, in virtù dell’opera della Spada, a una manifestazione ulteriore. Tutto questo accade all’interno del diamante formato dalla figura, che è la Vesica Piscis [6] attraverso la quale l’esperienza sublimata e corretta passa alla manifestazione successiva.

Ella si mantiene in equilibrio davanti a un trono composto di sfere e piramidi (quattro di numero, con il significato di Legge e Limitazione), che in sé mantengono la stessa equità da lei stessa manifestata, sebbene su un piano totalmente impersonale, e nella cui cornice hanno luogo tutte le operazioni. Al di fuori di tutto questo, agli angoli della carta, vi sono le sfere che bilanciano la luce e l’oscurità, e da queste sfere si dipartono dei raggi costantemente equilibrati che formano un sipario – l’interazione di tutte quelle forze che ella riassume e giudica.  


Ora ci addentriamo nelle profondità filosofiche; il Trionfo rappresenta la Donna Soddisfatta. L’equilibrio è separato da qualunque pregiudizio personale; quindi, il titolo, in Francia, dovrebbe essere Justesse [7]. In tal senso, la Natura è giusta in modo scrupoloso. È impossibile far cadere uno spillo senza esercitare una reazione corrispondente in ogni Stella. L’azione ha disturbato l’equilibrio dell’Universo.

Questa donna-dea è Arlecchino; è la compagna e l’appagamento del Matto. È l’ultima illusione che è manifestazione. È la danza, dai mille colori e dai mille inganni, della Vita stessa. Costantemente volteggiante, gode di tutte le possibilità, nello spettacolo fantasma del Tempo e dello Spazio: tutte le cose sono reali, l’anima è la superficie, proprio perché esse sono istantaneamente compensate dall’Adattamento. Tutto è bellezza ed armonia; tutto è Verità: perché esse si annullano.

È la dea Maat; su di lei le piume di struzzo della Verità Duplice.

Da questa Corona, così delicata che il minimo alito di pensiero la può muovere, dipende la catena delle Cause, i Piatti dove Alfa, il primo, è bilanciato in perfetto equilibrio con Omega, l’ultimo. I piatti della bilancia sono i Due Testimoni in cui ogni parola dev’essere soppesata. Ella, quindi, è vista come colei che valuta la virtù di ciascun atto e che richiede una soddisfazione precisa ed esatta.

Oltre a questo, ella è la formula completa della Diade; la parola AL [8] è il titolo del Libro della Legge, il cui numero è 31, la più sacra delle chiavi numeriche del libro [9] . Rappresenta la Manifestazione, che può sempre essere neutralizzata dall’equilibrio degli opposti.

È avvolta in un manto di mistero, ancor più misterioso perché diafano; è la sfinge senza segreti, perché è puramente una questione di calcolo. Nella filosofia orientale è il Karma.

Le sue attribuzioni sviluppano questa tesi. Venere governa il segno della Bilancia; e ciò illustra la formula: “L’Amore è la legge, l’amore sotto la volontà” [10]. Ma Saturno rappresenta soprattutto l’elemento del Tempo, senza il quale non può verificarsi alcun adattamento, perché tutte le azioni e reazioni avvengono nel tempo, e quindi, essendo il tempo stesso semplicemente una condizione dei fenomeni, tutti i fenomeni sono privi di valore perché non compensati.

La Donna Soddisfatta. Le sue mani escono dal manto della vivida sfrenatezza delle sue ali danzanti; sorreggono l’elsa della Spada Fallica del mago. Tiene la lama tra le sue cosce.

Questo è di nuovo un geroglifo de “L’Amore è la legge, l’amore sotto la volontà”. Ogni forma di energia dev’essere diretta e applicata con integrità, sino al pieno appagamento del suo destino.


[1] La spiegazione cabalistica di questo passaggio apparentemente oscuro potrebbe essere questa: la Figlia (cioè Malkuth, la decima Sephira, che rappresenta la presenza immanente di Dio nella creazione terrena), che va in sposa al Figlio (Tiphereth, la sesta Sephira, equiparabile al Figlio della Trinità cristiana) diviene equiparabile alla Madre (Binah, la terza Sephira, eternamente congiunta al Padre che è Chokmah, la seconda Sephira). Il Padre e la Madre sono i due poli del Triangolo Superno al cui vertice è situata Kether, la Corona, il Padre di tutte le cose, l’origine dell’esistenza, l’Unità originaria. La Madre è la forma attraverso cui si può conoscere il Padre.

[2] Sono le lettere ebraiche assegnate rispettivamente al Matto e alla Giustizia, nel sistema di attribuzioni seguito da Crowley e Case.

[3] Gran parte delle speculazioni cabalistiche di Crowley sono contenute nei testi 777 Revised, Liber LVIII e Sepher Sephiroth sub figura D.

[4] Uraeus, o Ouraeus, il cobra rampante, era associato nell’antico Egitto alla dea Wadjet, una divinità protettrice dei re e delle partorienti. I faraoni indossavano l’uraeus come copricapo che indicava il loro dominio sulla terra. Crowley confonde il cobra Uraeus con il serpente Apep, personificazione delle forze dell’oscurità che minacciano il mondo dei viventi protetto da Ra, il dio-Sole.

[5] È un richiamo alla frase “Io sono l’Alfa e l’Omega”, epiteto di Dio, di cui si fa menzione per la prima volta in Apocalisse 1:8.

[6] La Vesica Piscis, oltre che essere la forma geometrica data dall’intersezione di due cerchi, è una figura con profonde implicazioni simboliche nell’architettura e iconografia sacre. In senso esteso rappresenta il potere generativo femminile.

[7] In francese nel testo, con il significato di “giustezza”, di ciò che è adatto alla sua funzione.

[8] Che, come abbiamo già notato, sono le iniziali di Alef e Lamed (v. nota 2).

[9] Nel Liber AL vel Legis è data una spiegazione piuttosto confusa sul numero 31. Nei commentari del Capitolo III, verso 2, il numero viene riferito alla frase “All is not aught”, il Tutto non è nulla, o meglio, Il Tutto è non nulla (zero), dove 31 è la chiave cabalistica di not. Poi all è equiparato ad AL e not aught alla sua inversione, LA. Infine, si attesta l’equivalenza AL è LA, concludendo che ciò vale a dire: le fasi x e 0° dell’Universo sono identiche. Per definizione matematica, 0 elevato a se stesso equivale a 1; quindi, la formula starebbe a significare che il Tutto è Uno, il quale nella realtà spaziotemporale si manifesta nelle forme cangianti e mutevoli dell’esperienza transitoria.

[10] La frase è presente al verso 57 del già citato Liber AL vel Legis, e fa parte di un’interpretazione della legge generale della volontà secondo il Thelema.

Rispondi