La carta rappresenta la Saggezza, la Parola, il Logos da cui furono creati i mondi.

Estratti dall’opera: The Book of Toth, York Beach, Maine 1969 – Trad. dall’inglese, adattamento e note di Daniele Duretto


Questa carta si riferisce alla lettera Bet [1], che significa casa, ed è attribuita al pianeta Mercurio. Le idee connesse a questo simbolo sono così complesse e varie che pare meglio allegare a questa descrizione generale alcuni documenti che modificano i differenti aspetti della carta. L’insieme fornirà quindi una base adeguata per l’interpretazione esaustiva della carta attraverso lo studio, la meditazione e l’utilizzo.

Il nome francese della carta è “Le Bateleur”, Colui che porta il Bastone. Mercurio è preminentemente il portatore della Bacchetta Magica: Energia che irrompe nello spazio. La carta rappresenta quindi la Saggezza, la Parola, il Logos da cui furono creati i mondi. (Vedi Il Vangelo secondo Giovanni, capitolo I)

[2]. Rappresenta la volontà. In breve, è il Figlio, la manifestazione in atto dell’idea del Padre. È il corrispettivo maschile della Papessa. Non facciamoci confondere per via della dottrina fondamentale del Sole e della Luna come Seconda Armonica del Lingam e della Yoni [3]; perché, come si vedrà nella citazione da The Paris Working [4], il Mercurio creativo è della natura del Sole. Ma Mercurio è la Via che conduce da Kether a Binah, la Comprensione; è quindi Egli è il messaggero degli dei, rappresentando esattamente quel Lingam, la Parola della creazione il cui discorso è il silenzio.

In ogni caso, Mercurio rappresenta l’azione in tutte le sue forme e fasi. È la base fluidica nella manifestazione di tutte le attività; e, per la teoria dinamica dell’Universo, ne è egli stesso la sostanza. È, nel linguaggio della fisica moderna, la carica elettrica che è la prima manifestazione dell’anello delle dieci idee indefinibili [5]. È quindi creazione continua.

Logicamente, essendo la Parola, è anche la legge della ragione o della necessità o del caso, che è il significato segreto della Parola, l’essenza della Parola, e la condizione del suo enunciato. Perciò, e proprio per via della sua doppia natura, rappresenta sia il vero che il falso, sia la saggezza che la follia. Essendo l’inaspettato, scombussola ogni idea acquisita, e quindi appare subdolo. Essendo creativo, non ha coscienza. Non può conseguire i suoi fini con mezzi imparziali, deve farlo con il raggiro. Le leggende del Mercurio giovanile sono quindi leggende legate alla sua scaltrezza. Non può essere compreso, perché è la Volontà Inconscia. La sua posizione sull’Albero della Vita mostra la terza Sephira, Binah, Comprensione, come non ancora formulata; e ancor meno la falsa Sephira, Da’ath, conoscenza [6].

Da quanto detto sopra pare che la carta sia la seconda emanazione della Corona [7], e quindi, in un certo senso, la forma adulta della prima emanazione, il Matto, la cui lettera è Alef, l’Unità. Queste idee sono così tenui e sottili, su questi piani elevati di pensiero, che una definizione è impossibile. E non è nemmeno auspicabile, perché è nella natura di queste idee il fluire l’una nell’altra. Non si può fare altro che dire che ogni geroglifo dato rappresenta una sottile persistenza su una qualche forma particolare di idea pantomorfica. In questa carta, l’enfasi viene posta sul carattere creativo e dualistico del sentiero di Bet.

Nella carta tradizionale il travestimento è quello di un Giocoliere.

La rappresentazione del Giocoliere è una delle più grezze e meno soddisfacenti del mazzo medievale. Egli è normalmente rappresentato con un copricapo a forma del segno di infinito matematico (è mostrato in dettaglio nella carta del Due di Denari). Tiene una bacchetta con un pomo a ciascuna estremità, che era probabilmente in connessione con la doppia polarità elettrica; ma è anche la bacchetta cava di Prometeo che porta agli umani il fuoco del Cielo. Su una tavola o altare, dietro cui è posizionato, vi sono tre altre armi fondamentali.

Con i Bastoni Egli crea. Con le Coppe Egli conserva. Con le Spade Egli distrugge. Con i Denari Egli redime. (Liber Magi vv. 7-10) [8]

La presente carta è stata disegnata principalmente sul modello della tradizione greco-egiziana, perché la comprensione di quest’idea subì certamente un avanzamento – più che altrove e in qualsiasi momento – quando queste filosofie si modificarono vicendevolmente.

La concezione induista di Mercurio, Hanumān, il dio scimmia, si è degradata in modo abbietto [9]. In questo culto non si è trovato nessuno degli aspetti elevati del simbolo. La finalità dei suoi adepti sembra sia stata principalmente quella di produrre un’incarnazione temporanea del dio mandando una volta all’anno le donne della tribù nella giungla. Né si trova una leggenda che abbia una qualche profondità spirituale. Hanumān è di certo molto più piccolo della Scimmia di Toth.

La caratteristica principale di Tahuti o Thoth, il Mercurio egizio, è, prima di tutto, che ha la testa di ibis. L’ibis è il simbolo della concentrazione, perché si supponeva che l’uccello stesse sempre su una zampa, immobile. È un simbolo piuttosto evidente dello spirito meditativo. Ci possono anche essere stati alcuni riferimenti al mistero centrale dell’Eone di Osiride, un segreto nascosto attentamente ai profani, cioè che l’intervento del maschile fosse necessario per la produzione della prole [10]. In questa forma Thoth è visto portare la bacchetta della fenice, che simboleggia la resurrezione attraverso il processo generativo. La sua mano sinistra tiene l’Ankh, che rappresenta la cinghia di un sandalo; vale a dire gli strumenti per progredire attraverso i mondi, marchio distintivo della divinità. Ma, per come è formato, l’Ankh (crux ansata) è in realtà un’altro aspetto della Rosa-Croce, e questo fatto non è per nulla casuale come vorrebbero far supporre i moderni egittologi, occupati nel loro tentativo di confutare la scuola fallica dell’archeologia.

In un’altra forma Thoth è rappresentato primariamente come la Saggezza e la Parola. Nella sua mano destra reca lo Stilo, e nella sinistra il Papiro. È il messaggero degli dei; trasmette la loro volontà attraverso i geroglifici comprensibili all’iniziato, e registra i loro atti; ma si era visto dai tempi precedenti che l’uso della parola, o dello scritto, nel migliore dei casi introduceva l’ambiguità, e nel peggiore la falsità; Thoth fu quindi rappresentato come seguito da una scimmia, il cinocefalo, il cui compito era di distorcere la Parola del dio, di parodiare, simulare e ingannare. In un linguaggio filosofico si potrebbe dire: la Manifestazione implica l’illusione. Questa dottrina si trova nella filosofia induista, dove l’aspetto di Tahuti di cui abbiamo parlato è chiamato Mayan [11]. Questa dottrina si trova anche nella tipica immagine centrale della scuola buddhista Mahayana (in verità identica alla dottrina di Śiva e Śakti) Si può trovare un’idea di questa immagine nel documento dal titolo “Il Signore dell’Illusione”.

La carta tenta di rappresentare tutti i concetti di cui sopra. Ma darne una vera immagine non è possibile; perché, in primo luogo, tutte le immagini, in quanto tali, sono necessariamente false; in secondo luogo, essendo il movimento perpetuo, e il suo tasso di moto quello di c, la velocità della luce, qualunque stasi contraddice l’idea della carta: questa immagine è quindi poco più che una nota mnemonica. Molte delle idee espresse nel disegno sono ben esposte negli stralci da The Paris Working.


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