Giove rappresenta la gerarchia alla base dell’ordinamento sociale e spirituale. È la chiave di volta che garantisce la stabilità all’organismo individuale e collettivo.

Giove è, tra tutti gli astri, quello che forse ha più sofferto di un eccesso di interpretazione univoca dal momento che, fin dalle sue attribuzioni medievali, ha sempre interpretato il ruolo di ‘Grande Benefico’ dispensatore di destini regali, di Fortuna Major e di ricchezze, quando ben disposto nel tema natale; e pure nelle sue posizioni meno favorevoli riesce a edulcorare le circostanze avverse. Ma è veramente così, oppure la sua funzione si presta a ben altri commenti? Al di là delle manifestazioni di facciata, cosa si cela dietro la sua fausta bonomia?
Il mito
Nel mito greco Zeus (gr. Ζεύς ) – e il suo affine romano Iovis o Iupiter – è il re degli dèi del Monte Olimpo, figlio di Crono-Saturno e di Rea, l’equivalente della romana Magna Mater. Il nome assegnatogli è attestato nella radice indo-europea dyeu, che ha il significato principale di “illuminare, risplendere”; assieme ai suoi derivativi “cielo, dio” è un termine che ritroviamo anche nel Ṛgveda, come espresso nel sanscrito vedico Dyáuṣ Pitṛ (Dio Padre o Padre Cielo).
La sua storia ha inizio con un genitore figlicida, Crono-Saturno, che deve far fronte alla medesima sorte subita in precedenza dal padre Urano, ovvero il pericolo di essere detronizzato dai propri figli; per ovviarvi egli decide di divorare la sua prole appena nata. Prima della nascita di Zeus la madre Rea, al fine di preservarlo in vita, concepisce un piano assieme a Gaia, la Madre Terra: alla sua nascita Rea presenta a Crono-Saturno una pietra avvolta in fasce che fa le veci del figlio appena nato, e che egli prontamente ingoia tenendo così fede alla decisione di non avere eredi.
Durante l’infanzia Zeus viene allevato dalla ninfa Amaltea, che per alcuni autori ha le fattezze di una capra. Nella maturità egli costringe il padre a vomitare prima la pietra che Rea aveva astutamente sostituito al figlio, e poi i suoi fratelli e sorelle precedentemente ingoiati; successivamente libera i fratelli di Crono-Saturno, i Centimani e i Ciclopi, dalle segrete del Tartaro in cui erano rinchiusi; in cambio, i Ciclopi gli fanno dono del comando sul tuono e sul fulmine. In seguito, assieme tutti loro, sconfigge Crono e gli altri Titani confinandoli nel Tartaro, nella decennale battaglia conosciuta come Titanomachia.
Dopo la battaglia Zeus divide il dominio mondo con i suoi fratelli più anziani, Poseidone e Ade. A Zeus vanno il cielo e l’aria, a Poseidone le acque e Ade diviene il re degli inferi. Gaia, madre dei Titani, risentita per il modo in cui Zeus trattò i suoi figli nella Titanomachia, invia i mostri Tifone ed Echidna a combatterlo; ma il dio intrappola Tifone nelle profondità dell’Etna, decidendo di lasciare in vita Echidna e i suoi figli.
Insediatosi sul trono dell’Olimpo, Zeus guarda con sconcerto allo stato di decadenza dell’essere umano, ancora dedito ai sacrifici umani e ad altre pratiche deviate. Egli decide così di spazzare via l’umanità attraverso il diluvio, sostenuto nell’opera dal fratello Poseidone, dio delle distese marine; alla fine solo Deucalione, figlio di Prometeo, e Pirra, figlia di Epimeteo, sopravvivono; fluite le acque, essi si gettano alle spalle le ossa della Madre Terra – le pietre trovate sul loro percorso – dando origine alla nuova umanità.
Il rapporto di Zeus con i mortali non è sempre facile, vista la sua propensione a terrorizzarli e a ferirli utilizzando i fulmini come arma. Tuttavia è pur sempre il padre degli dèi olimpi, il che sul piano umano si riverbera nelle raffigurazioni scultoree tese a enfatizzarne la grandiosità e nei numerosi epiteti a lui attribuiti, tra i quali ricordiamo: Agoraeus, patrono dell’agorà, il luogo di raduno dei cittadini della polis, nonché fustigatore dei commercianti disonesti; Areius, il bellicoso; Horkios, colui che mantiene i giuramenti; Xenios, patrono degli ospiti e vendicatore dei torti che questi subiscono; Eleutherios, datore della libertà.
Da non sottovalutare è poi la sua fama di rubacuori. Zeus è fratello e consorte di Era, regina degli dèi e dea del matrimonio e della famiglia. Assieme a lei genera una prole numerosa, tra cui si annoverano Ares, il dio della guerra, Ebe, dea della gioventù ed Efesto, dio dei fabbri e dei carpentieri. I suoi tradimenti non si contano: le conquiste di Zeus tra le ninfe e i progenitori mortali delle dinastie elleniche sono famose. Nella mitografia olimpica gli si accreditano le unioni con Leto – la Titanessa madre di Apollo, Demetra – dea dei raccolti, Mnemosine – dea della memoria, Maia – madre di Ermete; e tra i mortali ricordiamo Io, Europa, Leda e il giovane Ganimede, il più bello tra gli umani, rapito da uno Zeus innamorato per farne il suo coppiere. Per sviare i sospetti della consorte sui suoi tradimenti Zeus si avvale della ninfa Eco, che ha il compito di distrarre Era con il suo incessante chiacchiericcio; scoperto l’inganno, Era maledice la ninfa, costringendola a ripetere eternamente le ultime parole ascoltate.
Esegesi del mito
Nell’affrontare l’esegesi del mito ci troviamo di fronte alla necessità di armonizzare una narrazione che presenta non pochi punti all’apparenza discordanti; e per fare questo dobbiamo risalire brevemente alle origini della genealogia gioviana.
Secondo la letteratura greca antica Urano (il Cielo), assieme alla consorte Gaia (la Terra), siede sul trono del cosmo; nella teogonia esiodea Urano è invece concepito dalla sola Gaia, mentre Callimaco [1] asserisce essere egli il figlio di Etere, la deità primordiale personificazione dei cieli superni. In tutti i casi, vediamo il mito greco rivestire di immagini antropomorfe una genesi della creazione comune a tutte le culture tradizionali: la discesa dell’assoluto nella manifestazione attraverso l’instaurarsi di un principio binario; dalla sua ierogamia nascono Crono Saturno e i Titani, coloro che ‘sforzano’ – secondo l’etimo greco della parola – che distorcono la misura dell’ordine celeste rappresentando il distacco dell’uomo dal cosmo; in una parola essi ritraggono le potenze telluriche nella loro opera di demolizione del sostanziale equilibrio tra Cielo e Terra al fine di istaurare la dittatura del tempo lineare, caotico per definizione perché manca dell’armonia e della completezza del tempo mitico, l’eterno presente; Crono Saturno che divora i propri figli è l’immagine perfetta del tempo che ‘consuma’, che macina ere e esseri umani in apparente spietatezza e amoralità.
Ma questa ‘frattura’ non aggrada alle potenze femminine e ctonie, Rea e Gaia: senza la presenza di una prole, di una generazione, non si potrà mai rendere fecondo il significato insito nell’unione dei binari, il processo creativo che rivela in forme sempre cangianti e multiformi il miracolo della vita. Il consentire la nascita e la crescita di Zeus è quindi il dono della ‘luce’ a un’evoluzione morente, se pure l’instaurarsi di una ‘dittatura’ del visibile, di lì in avanti, preluderà come vedremo a un distacco del creatore dalla sua creatura.
Amaltea, la ninfa-capra che protegge e allatta Zeus durante la sua infanzia, ben rappresenta la personificazione della natura che sostiene e porta al pieno sviluppo ciò che è nato. Se pure non tutte le fonti narrative concordano, alla morte della nutrice Zeus, in suo onore, si fabbrica un’egida – simbolo di protezione – con la sua pelle e con un corno spezzato la cornucopia, fonte inesauribile di nutrimento. È interessante notare che il greco αἰγίς (aegis) ha un duplice significato: è sì lo scudo o la pelle di un animale, che assicura una difesa perché pone sotto l’egida – appunto – di una fonte potente e benevolente, ma è anche la tempesta, la violenza improvvisa. Assieme alla cornucopia, paiono già configurarsi nella figura del dio quei caratteri così apparentemente discordi: il senso di invincibilità, l’amministrazione della giustizia attraverso la punizione fulminea, ma anche la generosità e l’abbondanza dei doni.
Interessante è poi l’approccio simbolico degli antefatti che precedono la Titanomachia. Sappiamo, sempre secondo Esiodo, che Urano e Gaia procrearono diciotto figli: dodici Titani, tra cui Crono Saturno, tre Ciclopi e successivamente tre Hecatoncheires o Centimani, esseri dalla grande forza con cinquanta teste e cento braccia. I Titani sono equiparabili in un certo senso ai re Edomiti citati nello Zohar, simboleggianti i mondi della “forza squilibrata” che precedettero la formazione di questo universo; il padre Urano li confina nel Tartaro, questo luogo rivolto ai dannati e a chi costituisce un pericolo per gli dèi. il Tartaro appare come una sorta di calderone primordiale per chi è destinato all’eterno abbandono; in effetti Tartaro fu anche una divinità, la prima ad esistere, da cui nacquero la luce e il cosmo; quindi, ben rappresenta l’uscita di scena dal ciclo dell’esistenza, un non-luogo insomma.
Il suo primo atto da adulto consiste nella riparazione dei torti subiti dal padre Crono, nel chiaro intento di applicare una giustizia retributiva, caratteristica di chi mira a instaurare e a far valere una precisa gerarchia di valori. La successiva ripartizione del creato con i fratelli gli vede assegnato il luogo più elevato, il cielo; e qui vediamo Zeus investito per la prima volta del suo diritto di nascita, il dominio sull’elemento ‘numinoso’, l’ordine sacro e gerarchico che governa dèi e uomini. Il ruolo di Zeus è dunque quello di un dio tutelare garante della disposizione sociale; e non potrebbe essere diversamente, visto che domina dalla sommità della creazione.
Il simbolismo planetario
Nell’ordine dei pianeti, Giove succede a Marte come secondo pianeta esterno all’orbita terrestre. L’energia marziana, unidirezionale perché si tratta della prima espressione della potenza centrifuga di azione, necessita ora di un coordinamento che le consenta di espandersi ancor più nella vastità delle distese spaziali. E Giove, sia per posizione che per dimensione, ben rappresenta questa dinamica estroversa. Trasposta sul piano antropico, l’immagine gioviana colma il divario che esiste tra l’individuo e la collettività, ponendosi come collante di una struttura che va ben oltre la figura del singolo; a questo stadio, l’energia che è alla base dell’impulso vitale inizia a manifestarsi come sistema organico.
È importante capire come un organismo, inteso nel senso ampio di unità biologica funzionale o come complesso di elementi che si adattano a un regime di collaborazione, sia lo strumento d’elezione per consentire lo svolgersi di una determinata attività. È un sistema di coordinamento in cui ogni parte è subordinata all’insieme, di modo che si ottiene, come risultato finale, una struttura autonoma che ha domato le diversità insite in un meccanismo complesso in vista di un risultato comune. Il concetto di organo (dal gr. ὄργανον, strumento) si manifesta poi su scale diverse di complessità – si pensi alla funzione biologica di una singola cellula, già di per sé un sistema complesso, come parte di un organo che a sua volta contribuisce alla formazione di un organismo, che assieme ad altri organismi concorre, su scala extra-individuale, allo stabilirsi di colonie, aggregazioni, gruppi, società e così via.
Sia che tale meccanismo si manifesti in una forma organica oppure soltanto funzionale, come nel caso di entità collettive, è evidente la necessità di una disposizione che assegni dei compiti specifici a ciascuna parte della totalità. L’idea di un sistema piramidale che si attribuisca questo incarico è quindi essenziale, e Giove è al vertice di questa piramide. Tutto ciò genera, a livello umano e sociale, una serie di assegnazioni che fanno capo al concetto di gerarchia, di ordine scalare che prepara la molteplicità in vista di un fine comune.
Corrispondenze psicologiche e comportamentali
Il tipo gioviano, come lo Zeus olimpico, oscilla nei suoi atteggiamenti dall’espansività ed entusiasmo nei confronti della vita – manifestando tratti caratteriali sostanzialmente oblativi come la generosità – sino alla natura ipertrofica, che si rivela nelle sue manie di grandezza. In realtà non si tratta di opposti, ma di differenti modi espressivi di un’unica istanza. Freud la definirebbe una fissazione sulla fase orale, il piacere che esercita l’impulso alla suzione, che nel tipo gioviano adulto diventa il mondo inteso come nutrimento. Se pure questo tipo di descrizione soddisfa i criteri analogici legati al pianeta – comprese le manifestazioni negative legate all’appropriazione narcisistica di cose e persone – non dobbiamo dimenticare che l’astrologia transpersonale mira, comunque, all’integrazione dell’individuo in un insieme più vasto. Di conseguenza il tipo gioviano, più che contenuto e ammaestrato, andrebbe reso consapevole del suo ruolo di garante di una coerente espansione ambientale, sociale e mentale nell’ambito della sua esperienza di vita.
Esteriormente il gioviano può manifestare un certo grado di sicurezza, a cui fa da contrappeso il vuoto esistenziale generato dal suo darsi al mondo; la carenza di un intimo sostegno fa così del mondo stesso il suo rifugio, nel quale è libero di esprimere il proprio amore per la vita, l’ottimismo, il movimento e lo sport come espressioni energetiche. Portati all’eccesso tali atteggiamenti sfociano nell’epicureismo, nel godimento sensuale per cibi e bevande, e in generale nell’incapacità a limitarsi.
Psicologicamente prevale l’ampiezza del campo della coscienza che, come abbiamo visto, conduce a un atteggiamento tendenzialmente oblativo e a una visione esistenziale prospettica e ad ampio raggio. Se l’espansione rimane all’interno dei confini personali prevale l’ipertrofia dell’Io, con conseguenti manie di grandezza; in tal caso la capacità di donare si tramuta nel suo opposto, l’avidità, e scatta la tendenza a sfruttare gli altri per i propri bisogni e a comportarsi con un certo grado di amoralità. Anche le esperienze affettive subiscono l’effetto dell’amplificazione gioviana, che fornisce così un viatico alle relazioni extraconiugali.
L’intelletto predilige la comprensione panoramica e sintetica delle cose, scartando la cura del dettaglio per rivolgersi a un tipo di conoscenza che si potrebbe definire sensoriale, basata sull’esperienza e non sulla teoria. Ciò non toglie che il gioviano non sia incline alla speculazione filosofica o spirituale; ma se decide di seguire questa strada, lo fa per assicurare una stabilità gerarchica e organica al suo pensiero. È un tipo di realismo che si manifesta pure nell’espressione scientifica pratica e nella predilezione per le scienze descrittive.
In campo sociale e professionale il gioviano si esprime al meglio nelle attività liberali. Se si dedica al commercio lo fa in grande o negli scambi di import-export. In politica suscita apprezzamenti e entusiasmo. Il suo atteggiamento in campo economico e finanziario è conservatore, e se le circostanze glielo permettono si occupa di alta finanza. Ama la legge come espressione di una gerarchia necessaria. Se ha delle attitudini letterarie predilige lo scritto dettato dalla spontaneità e dalla descrizione obiettiva delle cose. La fortuna attribuitagli non è la fortuna cieca, ma consiste nell’abilità innata ad affrontare positivamente le circostanze.
Corrispondenze anatomiche e funzionali
Anabolismo
Il simbolismo di Giove, quando applicato all’organizzazione fisica, rimanda ai processi anabolici dell’organismo attraverso i quali avviene l’assimilazione dei nutrienti e la loro trasformazione in composti semplici, che vanno in seguito a formare le sostanze complesse che ‘costruiscono’ l’organismo. La coordinazione necessaria per la sintesi delle molecole biologiche necessarie al mantenimento e alla crescita (acidi nucleici, lipidi, proteine, carboidrati) richiede un processo altamente organizzato, che l’organismo demanda al sistema endocrino. Il sistema delle ghiandole endocrine rilascia direttamente nel flusso sanguigno quantità minime di ormoni che, una volta raggiunte le cellule bersaglio, iniziano e regolano le attività fisiologiche di crescita, metabolismo, sviluppo sessuale, ecc.
Ghiandole surrenali
Secondo la tradizione, Giove è associato alle ghiandole surrenali, che producono una certa varietà di ormoni. Quelli che si rifanno principalmente al simbolismo gioviano sono i corticosteroidi, che regolano il volume sanguigno, l’equilibrio dei sali minerali e il metabolismo di proteine, grassi e zuccheri.
Fegato
Il fegato, la ghiandola più grossa dell’organismo, assomma un grande numero di funzioni e supporta quasi ogni organo del corpo; già solo queste caratteristiche sarebbero sufficienti a farne il candidato ideale per un rapporto analogico con Giove-Zeus nella sua qualità di reggente e coordinatore dell’Olimpo. Il fegato è responsabile per oltre 500 funzioni, normalmente in combinazione con altri organi; tra queste la sintesi degli aminoacidi, del glicogeno, del glucosio e del colesterolo, la produzione di trigliceridi e di ormoni con effetto anabolico, di trombociti e di fibrinogeno, di bile. Tutte le proteine del plasma sanguigno (tranne le gamma-globuline) sono prodotte dal fegato. Inoltre il fegato si occupa di degradare e scomporre prodotti di scarto e tossine, come l’ammoniaca che viene trasformata in urea ed espulsa attraverso le urine. Ultime ma non meno importanti sono le sue funzioni di produzione della linfa e di deposito sanguigno; in caso di necessità, il fegato incamera grandi quantità di sangue se ve ne è un eccesso o in caso contrario lo rilascia in circolo.
Corrispondenze patologiche
Le corrispondenze patologiche principali, correlate ad organi e funzioni assegnate a Giove, sono:
Discrasie
Sono le alterazioni nella composizione sanguigna. Il termine è utilizzato per disordini non specifici, ma nel caso di Giove è probabile che ci si debba riferire alla discrasia delle cellule del plasma, cioè alla sovraproduzione di proteine, come ad esempio le albumine.
Squilibrio umorale
La definizione si rifà alla teoria ippocratica degli umori. Nel caso di Giove, la causa primaria di questo squilibrio sarebbe la bile gialla, denominata anche collera, che ha sede nel fegato e nella vescichetta biliare (cistifellea).
Disturbi del metabolismo
Causati principalmente da malattie epatiche e pancreatiche, da disfunzioni genetiche o da deficienze alimentari, se ne possono enumerare a centinaia. Il diabete e i difetti di assimilazione (glucosio, grassi, ecc.) sono classificati come disturbi metabolici.
Obesità
L’obesità è generalmente causata da un’assunzione di calorie, specialmente quelle prodotte da grassi e zuccheri, non proporzionale all’attività svolta. Con questa disfunzione vediamo rappresentato il tipo gioviano che non distribuisce i suoi potenziali espansivi e oblativi nell’ambiente, accumulandoli così a livello corporeo.
Ipercolesterolemia
Il colesterolo è una molecola organica che è parte essenziale delle membrane cellulari; è anche un precursore nella sintesi degli ormoni steroidei, degli acidi della bile e della vitamina D. È prodotto in grandi quantità dalle cellule epatiche. L’ipercolesterolemia è una condizione patologica che si manifesta con alte concentrazioni di colesterolo nel sangue. È considerata un fattore di rischio in quanto predispone col tempo all’aterosclerosi.
Iperemia
L’iperemia è una condizione che si verifica quando vi sono eccessi di sangue nel sistema vascolare, localizzati oppure diffusi. L’iperemia passiva, cioè l’accumulo di sangue in organi e parti del corpo a causa di un’ostruzione, può interessare il tipo gioviano quando è causata da obesità, colesterolemia o diabete.
Insufficienza epatica
Vi sono molte malattie e disturbi che interessano il fegato e le sue funzioni. Per quanto riguarda il tipo gioviano, la disfunzione preminente sembra essere la steatosi, l’accumulo di grassi negli epatociti, occasionata da obesità, diabete o disturbi del metabolismo.
Colecistiti non litiasiche
Si tratta di un’infiammazione della colecisti causata da un’ostruzione che blocca il flusso della bile verso l’intestino tenue. Nel tipo gioviano l’infiammazione non è dovuta alla presenza di calcoli, bensì al ridotto afflusso di sangue nella colecisti a causa del diabete.
Tumori benigni
I tumori benigni sono quelli che rimangono nel luogo di formazione senza invadere altri siti, e non sono normalmente problematici. Il tipo gioviano sembra essere soggetto in particolare ai lipomi (noduli di grasso che crescono sottopelle), alle cisti e ai polipi.
[1] Callimaco (310 c. – 240 a.C.), poeta e studioso nativo della colonia greca di Cirene in Libia, produsse un’opera bibliografica in 120 volumi sui contenuti della biblioteca di Alessandria.
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