La via tibetana all'astrologia

Ci si realizza, principalmente, grazie al potere dell’insieme delle cause e delle condizioni, e ai requisiti della pratica: l’immagine del corpo divino, il segno della mente divina, la recita, le purità, il calendario, l’astrologia.

Padmasambhava – La collana delle visioni [1]
Padmasambhava – Guru Rimpoche

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La diaspora tibetana attualizza, in modo certo non benevolo, quella che è la predisposizione ‘genetica’ del buddismo alla diffusione di là dai propri confini. Dall’India, terra di elezione del Buddha storico Sakyamuni, la dottrina dell’Illuminato giunse ad occupare un ruolo di primo piano, quando non a integrarsi con le culture locali, in tutto il Sud-Est asiatico, sino alle estreme propaggini del Ch’an cinese e dello Zen giapponese.

Ma è in Tibet che assistiamo a una vera sintesi creativa tra le tradizioni autoctone, originarie dell’antico regno dello Shang-Shung, e le scritture buddiste importate dai maestri indiani a partire dal VII sec. della nostra era, il Ch’an cinese e gli insegnamenti relativi alla medicina e all’astrologia di questi paesi. L’incontro fu di tale portata unitaria da generare una visione del buddismo senza eguali, profondamente integrata nel tessuto tibetano preesistente. Le Vie del Tantra (Trasformazione) e dell’Atiyoga (Autoliberazione) sono l’espressione della più autentica religiosità buddista sorta da tale connubio. In questo contesto l’astrologia tibetana, assieme alla medicina, riveste un’importanza tutt’altro che secondaria, che va ben oltre la diffusione popolare di tali pratiche.

Secondo gli insegnamenti tibetani, e buddisti in generale, la visione esteriore, oggettiva, è il vedere originato dall’emanazione della luce della coscienza che ordina i fenomeni secondo modelli collettivi e individuali che, complici le nubi dell’ignoranza, l’essere umano sperimenta senza una vera comprensione della natura unitaria di tale manifestazione. L’astrologia, animata dalla religiosità tibetana, opera da elemento catalizzatore tentando di reintegrare la natura interiore dell’individuo con la visione esteriore, di ricucire la trama della continuità esistenziale il cui strappo è causa di sofferenza fisica e mentale. Prescindendo dalle forme con cui essa si presenta, certo di non agevole comprensione causa la diversità culturale che ci separa, il nucleo essenziale che si rivela all’animo indagatore è quello di tutte le astrologie, una ierogamia tra Cielo e Terra, tra ciò che è in alto e ciò che è in basso, tra l’osservatore e il fenomeno. Con la differenza che la  trasmissione orale e scritta degli insegnamenti tradizionali tibetani permane ininterrotta da migliaia di anni, un patrimonio di conoscenze che l’umanità non può permettersi di ignorare.

La stretta integrazione tra l’astrologia e i diversi aspetti, di culto e non, della vita tibetana, appare davvero contradditoria all’indagine di una mente pragmatica; è per noi difficile immaginare un medico che utilizzi l’astrologia a scopo diagnostico e che prescriva allo stesso tempo pillole e mantra per un pronto riequilibrio delle energie. Eppure il multiforme strato di senso dei simboli astrologici – non è una novità per l’astrologo attento – è il filo che lega tra loro fenomeni privi di relazione causale e che rende praticabile un atteggiamento organico, intriso di  universalità, profondamente rispettoso della vita in tutte le sue manifestazioni. Con ciò non si vuole negare la possibilità di una resa autonoma dell’astrologia come metodo previsionale. Ma anche in questo caso non va dimenticato che lo scopo non è di dominare il proprio destino bensì di armonizzarcisi; nel bene e nel male, la conoscenza dei nostri potenziali destinici non deve propiziare vie di fuga né facili illusioni, ma solamente farci vivere in modo compiuto, così come meravigliosamente espresso da un poeta rimasto purtroppo anonimo: “perché l’ieri è solo un sogno, il domani soltanto una visione. Ma ogni oggi, vissuto in modo perfetto, ride a tutte le tristezze”.

Questo testo è il frutto di un ampliamento e di una rielaborazione di una mia relazione sull’Astrologia tibetana degli Elementi per una conferenza curata dal CIDA (Centro Italiano di Astrologia) nonché di una serie di miei articoli apparsi su alcune pubblicazioni. La sua realizzazione non sarebbe stata possibile senza l’ispirazione di Namkhai Norbu Rimpoche, i cui insegnamenti di Astrologia tibetana dati in un seminario svoltosi a Roma nel 1978 sono la pietra miliare alla base di questo lavoro.

Nella trascrizione dei termini tibetani ho utilizzato una convenzione fonetica che ne agevola la pronuncia in italiano; nel presentare i termini per la prima volta nel testo ho fatto seguire tra parentesi la trascrizione scientifica.

Introduzione

L’Astrologia tibetana si suddivide nei due grandi rami del Giunzì (‘byung rtsis) e del Garzì (skar rtsis), il primo basato principalmente sugli assunti dell’Astrologia cinese e bön (bon), la tradizione autoctona tibetana, il secondo di estrazione indiana e buddista. Mentre quest’ultima utilizza le configurazioni di stelle e pianeti e quindi si rende necessaria nella compilazione del calendario, l’Astrologia Giunzì tratta della combinazione degli Elementi così come si presentano alla nascita e della loro relazione con gli Elementi di uno specifico momento attuale o futuro.

Molti autori considerano giustamente l’Astrologia tibetana come un sistema di sintesi, relegando in subordine, forse per mancanza di raffronti storici certi, il ruolo della spiritualità di questo popolo nell’affermazione di un sistema cosmogonico e astrologico profondamente originale. La tradizione del regno dello Shang-Shung, anteriore di molti secoli sia al primo regno tibetano che all’introduzione del buddismo nel Tibet, ha tuttavia impresso un carattere molto particolare al buddismo come agli insegnamenti astrologici importati dalla Cina e dall’India; anzi alcuni tratti dell’Astrologia Giunzì sono di chiara inspirazione pre-buddista.

Gli studiosi tibetani attestano la presenza di un sistema astrologico sin dai tempi del primo re tibetano, Gnatri Tenbo (gNya khTri bstan po), nel II sec. a.C. Tuttavia la tradizione astrologica viene fatta risalire a Scenrab Miuo (gShen rab mi bo), il cui ruolo nel bön è paragonato a quello di Buddha nel buddhismo. Scenrab Miuo nacque cinque secoli prima di Cristo in Tibet occidentale nei pressi del monte Kailash, la montagna sacra dei tibetani.

Nel 641 d.C. la principessa cinese Kung-je andò in sposa all’allora re del Tibet Sonzengambo (Srong btzang sgam po) recando in dote lo Jung chi, un trattato di astrologia risalente al IX sec. a.C. Alla preesistente astrologia bön si sovrappose questo sistema denominato Nazì (nag rtsis), “astrologia nera”, perché i dignitari e gli eruditi cinesi vestivano prevalentemente in nero; col tempo il sistema fu conosciuto come Giunzì.

L’astrologia conobbe il suo massimo sviluppo nell’VIII sec. della nostra era, assieme al fiorire degli insegnamenti del Dharma e della medicina. Fu l’epoca in cui molti testi furono tradotti in tibetano dal sanscrito, il che favorì un generale approfondimento dottrinale.

Astrologia degli Elementi

Il termine Giunzì designa la combinazione o il calcolo (rtsis) degli Elementi (‘byung); nella lingua tibetana quest’ultimo vocabolo indica propriamente l’Elemento, mentre la condizione o caratteristica dell’Elemento in relazione all’individuo viene definita con la parola kam (khams). Gli Elementi sono qui intesi come costituenti fondamentali o sottili che producono la molteplicità di cause e condizioni tramite la loro combinazione. I cinque Elementi utilizzati in questo sistema astrologico si integrano con il ciclo dei dodici animali, il medesimo utilizzato nell’Astrologia cinese, dando origine a un ciclo di 60 anni. Un quadrato magico di nove numeri (sMe-ba, meua) e l’insieme degli otto trigrammi di origine cinese (barka) completano il quadro degli strumenti predittivi. La combinazione animale-elemento dell’anno, mese, giorno e ora di nascita, assieme all’elemento associato di volta in volta a particolari caratteri interpretativi, fornisce un quadro che viene posto a confronto con le combinazioni del momento attuale o di una data futura, al fine di trarre previsioni sull’andamento degli attributi individuali. L’apparente linearità del metodo nasconde in realtà molti altri dettagli, anche di una certa complessità, che saranno messi a fuoco nei capitoli successivi. Ma in sintesi si può tranquillamente affermare che nell’astrologia Giunzì gli Elementi, assieme alle loro combinazioni, sono la chiave di volta dell’intero sistema.

All’utilizzo previsionale, detto Kazì (skag rtsis) si affianca una metodologia sinastrica volta a verificare la compatibilità matrimoniale, l’andamento della famiglia e la possibilità di avere dei figli, come questi cresceranno, ecc. Questo sistema è noto come Pazì (pad rtsis), “calcolo del matrimonio”. Altri campi di applicazione delle tecniche Giunzì sono la medicina e la morte; in realtà i calcoli della morte servono a decidere il momento appropriato per il funerale allo scopo di stabilire l’influenza del morto sui parenti rimasti in vita, ma alcune scuole considerano gli elementi e le combinazioni presenti al momento del decesso come determinanti il processo di trasmigrazione.

L’Astrologia Giunzì osserva un sistema di prescrizioni che va ben oltre il suo utilizzo previsionale o diagnostico. Quando l’astrologo nota uno squilibrio tra le combinazioni di nascita e quelle annuali non esita a raccomandare un antidoto per controbilanciare o prevenire le influenze negative. Questo può consistere, a seconda dell’entità del disturbo, nel compimento di riti come il Cidan (festa dei bambini), dove si offrono doni ai bambini; nell’onorare i monaci, nel salvare la vita di animali da macello, nell’alleviare lo stato di indigenza dei poveri, nel costruire ponti a beneficio di chi ne ha bisogno. Nei casi più gravi, quando è in pericolo la vita di una persona, si ricorre ad un rituale conosciuto come To (gto), che consiste nel modellare una bambola, un feticcio, a effigie della persona e nel farne dono agli spiriti negativi per placarli. In generale esistono molti riti specifici, ciascuno adatto a particolari circostanze.

Astrologia delle Costellazioni

L’Astrologia Garzì (calcolo delle costellazioni) trova applicazione nella compilazione del calendario, ma in realtà si tratta di un sistema cosmologico di notevole ampiezza e complessità, che si presta anche ad un utilizzo previsionale. Nell’ambito del presente lavoro ci limiteremo a delinearne le origini e le caratteristiche salienti, come ad esempio l’utilizzo di quattro elementi al posto dei cinque dell’Astrologia Giunzì, nonché le interazioni con il Calendario tibetano. Ad ogni modo è un sistema meno popolare e conosciuto del precedente.

All’origine dell’Astrologia Garzì sta il Tantra Kalachakra, una delle più alte espressioni della dottrina buddista. Il testo fu tradotto per la prima volta dal sanscrito in tibetano nel 1027 d.C., ed è organizzato in tre capitoli. Il primo, detto Kalachakra Esterno, tratta principalmente del sistema cosmogonico buddista, di astronomia, dei movimenti di stelle e pianeti. Il secondo capitolo, il Kalachakra Interno, è focalizzato sullo studio dei chakra, punti di energia del corpo, dei canali energetici e sugli effetti di stelle e pianeti su questi elementi sottili dell’organismo. Il capitolo conclusivo o Kalachakra Alternativo si concentra sulle tecniche meditative, yogiche e di potenziamento, sulle iniziazioni e visualizzazioni delle divinità (yidam).

Il Kalachakra Esterno spiega dettagliatamente, quasi in termini scientifici, la genesi di fenomeni astronomici quali le eclissi e il moto planetario, tanto che ancora oggi il Tibetan Medical and Astrological Institute di Dharamsala pubblica annualmente il Calendario tibetano in accordo a tale sistema. Dal punto di vista astrologico la concezione Kalachakra condivide la visione indiana che contempla le dodici case, i cinque pianeti della nostra astrologia classica, i due luminari e i punti fittizi corrispondenti all’asse dei Nodi lunari, in sanscrito Ketu e Rahu, nonché le 28 costellazioni o dimore lunari.

Oltre che per la divinazione personale il sistema Garzì è utilizzato, in congiunzione al calendario, per stabilire i tempi e i luoghi propizi per la semina, per determinare le condizioni metereologiche o il destino di interi villaggi e regioni; per quest’ultimo calcolo ad esempio viene considerata la relazione tra la Luna e la costellazione delle Pleiadi (tib. sMen-du’s) durante il 15mo giorno del decimo mese dell’anno tibetano.


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