Venere è l’equilibrio delle forme che rende possibile l’armonizzazione delle strutture vitali, affettive e sociali

Una prima distinzione va fatta fra la Venere notturna del Toro, dal tratto sostanziale e formativo, e la Venere diurna domiciliata in Bilancia, il cui simbolismo si manifesta negli aspetti comportamentali. Prendendo infatti in considerazione la sequenza stagionale dello zodiaco, al seguito dell’equinozio di primavera Venere, affiancata dall’impulsività marziana, funge da ricettacolo del potere creativo con la sua sostanza e il suo potenziale fertile; mentre il periodo che precede l’equinozio d’autunno, durante il quale le messi giungono a maturazione, forma una Venere già attenta alle necessità della nuova fase stagionale. Nella mitologia greca questo doppio ruolo viene interpretato dalle figure di Afrodite e di Astarte, l’Ishtar sumerica.
Il mito e la sua esegesi
Secondo la Teogonia esiodea Afrodite nacque dalla schiuma (άfρóς) prodotta dai genitali di Urano che Kronos Saturno aveva reciso e gettato nel mare. Nell’Iliade omerica ella è invece la figlia di Zeus e di Dione (la Dea), o forse di una Titanessa o ancora di una Oceanina. Platone, nel suo Simposio, asserisce che queste due origini fanno capo a due distinti aspetti, Afrodite Urania (nella sua apparenza pura e celeste) e Afrodite Pandémia (nel senso di comune a tutto il popolo, ed esperta nell’arte della seduzione e dell’amore fisico). Nel periodo ellenistico, Afrodite fu associata alla dea egiziana Iside, che ebbe nel tempo molti ruoli, quale protettrice dei defunti, del faraone, dea madre, dea della magia e della saggezza, paladina delle nazioni. Gli antichi romani identificarono Afrodite con Venere, originariamente dea dell’agricoltura, della vegetazione, della primavera.
Astarte, ellenizzazione di Astoreth o Ishtar, fu lungamente venerata nell’area semitica e nelle culture mediterranee sin dall’età del bronzo. Prese molti nomi e forme nelle differenti culture a iniziare, nel terzo millennio a.C., con la sumerica Inanna, la dea primordiale del pianeta Venere; in Egitto, durante la diciottesima dinastia, fu venerata soprattutto nella sua sembianza guerriera, equiparata alla dea Anat. Originariamente Astarte fu messa in relazione con gli aspetti legati alla fertilità, alla sessualità e alla guerra; tuttavia, nella Grecia del periodo ellenistico e nei tempi romani, prese piede la tendenza sincretistica a fondere i caratteri di Astarte con quelli di Afrodite; in particolare presso i romani Venere, oltre che dea della bellezza, dell’amore, della fertilità e della seduzione, divenne protettrice delle vittorie e delle strategie militari sotto il nome di Minerva, la romanizzazione della dea Athena.
Queste brevi e necessariamente incomplete note sul mito di Venere mettono tuttavia in risalto i due aspetti del simbolismo strettamente legati al domicilio notturno e diurno del pianeta. Nella sua veste notturna il pianeta si apparenta ad Afrodite Pandémia o all’Iside egizia, come dea primordiale che esprime il senso del nutrimento che sostiene la venuta dell’azione creativa nella forma. Si presenta un’immagine quasi lunare nel suo esporre il concetto di maternità, con la differenza che qui non prevale l’aspetto di gestazione bensì quello di mater-materia, della sostanza che accoglie la scintilla creativa, che si impronta di essa fornendo il substrato per il successivo sviluppo del lampo di vita fornito da Marte. Questa diviene la Venere che riconosciamo nell’oroscopo individuale come modello archetipico della dialettica tra gli opposti per il tramite della seduzione e dell’attrazione, della messa in atto di tutti quei meccanismi che danno come risultato la nascita di nuove forme; in questa sua veste la dea si presenta quasi come madre ctonia per i suoi attributi legati alla Terra, dalla cui sostanza ella è in grado di plasmare le strutture che la vita utilizza per la sua manifestazione naturale.
L’aspetto diurno di Venere rivela non più le forme sensuali e bucoliche del lato notturno, bensì la propensione a raggiungere l’equilibrio delle forme attraverso l’applicazione della legge e dell’intelletto (Mercurio), che assieme originano il concetto di bellezza e di armonia. Astarte, o l’Afrodite Urania, è il completamento del processo di accoglimento nella forma di Venere Afrodite, processo che richiede la neutralizzazione degli opposti per dare spazio alle nuove espressioni vitali frutto di tale accordo. Nel mito, come nella lettura astrologica, questo doppio ruolo non è mai realmente separato, se non per ragioni di opportunità dialettica; si tratta di uno svolgimento continuo, o meglio di un potenziale di sviluppo che ha già in sé sia il seme dell’accoglimento che quello della riunificazione. Ma, per tornare al tema di Astarte, notiamo che la normalizzazione degli opposti non solo ha valore a livello individuale, ma attraverso il sentimento personale di unione affettiva risuona un’azione di riconciliazione che si espande nell’Altro inteso anche come organismo sociale, dando origine a un corpus di norme e di leggi che mantengono l’equilibrio collettivo. Pure l’associazione della dea alle vittorie militari ha la sua ragione d’essere: l’equilibrio, per essere mantenuto, deve subire delle continue oscillazioni per adattarsi al mutamento delle circostanze ed alla trasformazione dello scenario mondano. La guerra, con il riordinamento di forze che ne consegue, ne è forse l’esempio più estremo. Osserviamo che qui non entra in gioco l’impeto unilaterale di Marte, volto a ‘penetrare’ il terreno di scontro con il furore del combattente nato; ma piuttosto abbiamo a che fare con un’opera di ricostruzione dell’ordinamento sociale secondo i nuovi dettami sorti a seguito del conflitto.
Il mito esiodeo riportato in precedenza viene spesso interpretato in chiave psicologica o analitica con una lettura incentrata sul processo di evirazione come perdita della dimensione sensuale e presa di coscienza del dolore che deriva dalla sua rinuncia, il che può anche avere un senso nella lettura psicologica. Ma naturalmente il mito, e l’aspetto esoterico che lo sottende, ha il dovere di andare più a fondo nello svelamento del simbolo. Ripercorrendolo dal suo nascere vediamo che Urano – nome che identifica la volta celeste – nella sua unione con Gea, la madre terra, genera i Titani, da lui nascosti nel ventre della terra per il timore di essere da loro detronizzato; tra tutti, Gea riesce a salvare Crono, il Saturno dei romani, che evira il padre gettandone i genitali nel mare.
Il resto della storia ci è noto, ma vediamone lo svolgimento sotto un’altra prospettiva: perché Urano teme i suoi figli? Il Titano, secondo l’etimo greco del termine (τιτανίων) è colui che sforza, che ‘dilata’, che distorce la misura dell’ordine celeste presagendo il distacco dell’uomo dal cosmo. Crono-Saturno, il figlio sopravvissuto all’ordalia paterna, porta a termine la separazione privando il padre del potere creativo, evirandolo appunto, e sancendo la rottura tra il Cielo e la Terra. Afrodite, originata dalla schiuma del mare, è il prodotto di questa separazione; nel mondo che si appresta a nascere, la dea si fa garante del ristabilimento dell’equilibrio tra le parti che, in un contesto ormai scisso, necessita di un intermediario che tenga unito, per quanto in modo imperfetto, ciò che un tempo non fu mai separato.
Il simbolismo
La doppia domiciliazione planetaria di Venere, come del resto quella dei restanti pianeti, ci dà la possibilità di creare una distinzione utile a chiarire il senso dell’apparenza celeste e terrestre dell’astro. Chiaramente l’entità planetaria è unica, ma secondo le circostanze essa è esperita in modi che risuonano con note più acute o più gravi. Afrodite Pandémia esprime il vissuto venusiano che più si avvicina all’esercizio inconsapevole dell’istinto, l’accettazione supina di un sentimento affettivo o di un godimento sensuale che sorgono spontaneamente e verso i quali ci si dona in modo incondizionato. Afrodite Urania è l’’armonia delle sfere’, la consapevolezza della vita terrena che vibra all’unisono con il principio cosmico; essa si riflette di conseguenza sul piano collettivo dell’esperienza umana, nell’ordinamento sociale, nelle leggi che regolano la convivenza, nell’arte come restituzione di un dato oggettivo mediato dall’intima soggettività. Il concetto di ‘bellezza’, di cui si è già detto, nasce non dalla cosa in sé, bensì dall’interiore consapevolezza di una raggiunta armonia con l’oggetto che appare alla visione. Quello che si vuole dire è che un certo livello di armonizzazione tra l’essere umano e il creato – preludio di un’integrazione – è ciò che in qualsivoglia ambito di esperienza definiamo come ‘bello’, indipendentemente dalla cultura o dal periodo storico, che tuttalpiù si limitano a fissarne i canoni di riferimento. Nell’analisi astrologica non esiste chiaramente una distinzione netta tra le due manifestazioni venusiane; vi sarà piuttosto una prevalenza dell’una o dell’altra sulla base delle occupazioni zodiacali e domificazionali e degli aspetti del pianeta.
Nella realtà astronomica eliocentrica i significati di Venere si esprimono nella sua posizione di secondo pianeta interno all’orbita terrestre. Intanto il suo essere ‘circondato’ dalla Terra ci comunica il simbolo formativo del pianeta, in questo caso il suo potenziale di accoglimento e di distribuzione della sostanza materiale per far sì che si modelli un sistema organico omeostatico, dotato dell’equilibrio necessario al sostentamento di funzioni vitali interconnesse; sul piano espressivo tale tendenza si rivela poi nella manifestazione della vita affettiva, sociale e relazionale, come una sorta di ‘grande organismo’ che tenta di coordinare le individualità al fine di restituire un insieme armonico. Come Mercurio in quanto primo pianeta interno è la facoltà di intelligere, cioè di rendere in forma articolata il senso dell’impulso vitale solare, di interporsi tra la pura vitalità solare e la rappresentazione dualistica attraverso il principio di comunicazione, così Venere è una sorta di mediatore plastico che traduce i legami mercuriali in impatti e reazioni emotive, modulando le sostanze individuali in forme adattabili all’ambiente o ad altre sostanze individuali; in altri termini Venere è la funzione equilibratrice della natura.
Venere Espero e Lucifero
Un’altra distinzione è quella tra Venere Espero (serale o occidentale) e Lucifero (il portatore di luce), la stella della sera e del mattino; in termini astrologici Venere Espero ha una longitudine eclittica maggiore di quella solare, mentre nel caso di Venere Lucifero si ha una longitudine minore del pianeta rispetto al Sole.
Venere Lucifero, sorgendo prima del Sole, comporta un modello affettivo spontaneo, quasi adolescenziale; come afferma Rudhyar, pare quasi che l’incontro con persone e situazioni avvenga in un’atmosfera molto sensibile, con un’aspettativa tale che sembra che la propria esistenza dipenda da essi. In altre parole vi è una percezione quasi intuitiva e una valutazione etica spontanea dei rapporti, un “sentire” che precede il ragionamento e l’atto.
Con Venere Espero al contrario si accede a un giudizio sulle azioni a posteriori, ovvero l’emozione deriva da un atto compiuto che genera la necessità di una valutazione estetica, quasi giuridica su ciò che è avvenuto. In un certo senso questa posizione inclina a un maggior senso di maturità nei rapporti; non che rappresenti una tendenza anaffettiva, ma piuttosto la propensione a nascondere i sentimenti o a rivelarli con fatica.
Venere retrograda
In merito a Venere retrograda Rudhyar considera che il pianeta, essendo un principio formativo e di equilibrio, nella fase di retrogradazione realizza come un opporsi nei confronti delle necessità organiche e relazionali, quasi un predominio dello spirito ascetico che combatte le tentazioni.
Aspetti con il Sole
Riguardo ai suoi rapporti col Sole, Venere, oltre alla congiunzione, può formare due aspetti minori, il semisestile e il semiquadrato, per un’elongazione massima di 47°. Naturalmente, oltre ai significati dell’aspetto in sé, bisognerebbe tener conto anche del sorgere mattutino o serale; esaminando ad esempio il semisestile, Venere Lucifero in semisestile al Sole rafforzerebbe i significati di spontaneità emotiva, mentre con Venere Espero avremmo un’accentuazione degli aspetti valutativi. Il semiquadrato agisce sullo stesso binomio emotivo spontaneità-valutazione, ma in un quadro di moderata resistenza o di inibizione nella manifestazione affettiva. La congiunzione finalizza il destino individuale verso la ricerca dell’armonia e dell’unione perfetta, oppure indirizza verso un’espressione artistico-estetica dell’esistenza, sempre che non sussistano aspetti negativi concomitanti.
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