Una vecchia questione che ha un perché

Pubblicato su Quora
L’astrologia si basa sulla consonanza simbolica tra l’osservatore e il fenomeno, nel nostro caso la posizione di pianeti e luminari come visti dall’osservatorio Terra. Da questo punto di vista l’utilizzo del sistema tolemaico o geocentrico ha una sua logica: ci serviamo di un modello di riferimento relativo alla nostra ubicazione apparentemente stazionaria sulla superficie terrestre, quindi sembra che la volta celeste ruoti attorno alla nostra posizione. Del resto qualunque moto è relativo all’osservatore: l’orbita della Luna non è realmente un’ellisse se osservata dal polo nord celeste, e il Sole non è statico rispetto allo sfondo ma ruota attorno al centro galattico.
L’equivoco sull’uso di un sistema considerato obsoleto nasce dal tentativo di paragonare l’astrologia e lo spirito che la anima allo schema sperimentale e teorico della scienza attuale, secondo cui un dato è scientificamente accettato quando risponde a criteri ben definiti, quali la concordanza statistica tra dati e teoria. Questo equivale a dire che l’astrologia dovrebbe provare la sua validità postulando un’azione diretta dei pianeti sulle umane sorti per il tramite di influssi elettromagnetici o simili, cioè attraverso cause direttamente misurabili.
Tuttavia, l’astrologia trae la sua ragione d’essere da un paradigma assai diverso, ben riassunto nel frammento del testo dalla Tavola di Smeraldo attribuita ad Ermete Trismegisto: “Come in alto così in basso, per fare il miracolo della cosa unica”. Il senso della frase – tradotta in linguaggio moderno – attesta che il mondo oggettivo, quale si presenta alla percezione dei sensi, assieme alla coscienza dell’osservatore costituiscono un’unica realtà, che nel momento conoscitivo viene scissa sino ad apparire come separata. Per tale motivo siamo costretti a recuperare ciò che è andato perduto – l’unità originaria – attraverso un apprendimento indiretto basato sulla scomposizione analitica delle cose, nel tentativo di recuperarne il senso.
Nella considerazione che la coscienza funziona come il principio ordinatore di una visione cosmica altrimenti priva di significato, possiamo utilizzare l’astrologia come uno strumento che riunisce il nostro microcosmo interiore al macrocosmo oggettivo: se siamo noi a dare significato alle cose, allora la realtà esterna funziona come uno specchio che riflette il nostro essere; e attraverso le leggi dell’analogia e del simbolo possiamo approntare un linguaggio astrologico – comprensibile all’essere umano e quindi basato su una prospettiva geocentrica – che ci consenta di fare chiarezza sul significato del nostro essere nel mondo.
Tutto ciò nulla toglie ai meriti di una ricerca scientifica nel senso comunemente inteso, quando questa non persegue fini puramente utilitaristici e distruttivi. Del resto accade lo stesso con quella che un tempo veniva definita come “astrologia da rotocalco”.
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