La domanda è fuorviante. Credere – come in questo caso – nell’astrologia, non significa affermarne la verità, ma semplicemente servirsi della fede per sorreggersi a un qualcosa di cui non si sa nulla.

Pubblicato su Quora

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È proprio il mistero che si cela dietro la parola a costituire un’attrazione irresistibile per le paure inespresse di molte persone, quasi come se ciò che è sconosciuto, e in quanto tale fonte di attrazione, potesse un giorno riscattare – attraverso una magia, una predizione fausta – il vuoto esistenziale o il timore reverenziale verso l’ignoto.

Ben diverso è il caso di una fede sostenuta dalla conoscenza o dall’esperienza diretta, nel qual caso essa diventa una rivelazione, l’accesso rivolto a una verità che si impone con un’evidenza tale da squarciare una volta per tutte le tenebre dell’ignoranza. In questa circostanza la fede agisce come un sostegno interiore edificato sulle fondamenta di una realtà spirituale.

Nel caso del pensiero astrologico, credere nell’influenza diretta di astri e pianeti sul destino dell’individuo, in apparente contraddizione con quanto stabilito dall’evidenza scientifica, significa avvicinarsi all’astrologia in senso fideistico, ben sapendo che la scienza attuale non potrà mai accettare delle conclusioni che non siano basate sui suoi paradigmi di pensiero. Ciò apre la strada a un utilizzo superstizioso dell’astrologia, perché non si è a conoscenza dei meccanismi che la guidano.

Al contrario, comprendere che l’astrologia è una scienza simbolica, ovvero un ponte tra la realtà così come appare e l’essere cosciente che la interpreta, significa vivere secondo le leggi dell’armonia universale, unire indissolubilmente fede e conoscenza in un abbraccio di dimensioni cosmiche: l’astrologia cessa di essere una credenza e si integra nell’esistenza individuale.

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