In Italia l’astrologia ebbe rilievo universitario dal Trecento (famose al proposito le università di Bologna, Padova e Pavia) sino a circa il 1600, quando il prendere piede dell’Inquisizione e dell’ortodossia cattolica posero un freno al suo sviluppo.

Robert Fludd (1574-1637) – Utriusque Cosmi Historia.

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In sostanza si ritenne che lo studio della divinazione naturale fosse d’ostacolo ad una visione del mondo pervasa dalla presenza divina, e che la natura stessa non svolgesse più una funzione mediatrice nel dialogo tra l’uomo e Dio.

In realtà astronomia e astrologia continuarono il loro cammino comune ancora per parecchio tempo, in quanto era consolidata l’idea che l’astrologia fosse un’applicazione pratica dell’astronomia (basti pensare che il De Revolutionibus di Copernico venne salutato con fervore dagli astrologi per le semplificazioni che apportava ai calcoli astrologici). Fu solo con l’approssimarsi dell’Età dei Lumi che le opere enciclopediche iniziarono a registrare il divario tra l’astrologia naturale, che riguarda i fenomeni naturali che possono essere sottoposti a indagine scientifica, e l’astrologia giudiziaria, che studia gli eventi da un punto di vista divinatorio e che quindi venne annoverata da qui in avanti tra le superstizioni. Fu a questo punto che l’astronomia cominciò a eclissare il pensiero astrologico segnandone il declino accademico.

Ho semplificato all’estremo un processo che dal punto di vista storico è molto più articolato, ma la cui risultante sembra essere una soluzione lineare alle incertezze che prima assillavano l’umanità: l’avvento del pensiero scientifico. Ma l’astrologia, tralasciandone l’aspetto divinatorio che in fondo ne è solo la risultante, ha una funzione specifica che se vogliamo è complementare a quella del pensiero scientifico: il fenomeno oggettivo – ciò che appare e viene indagato – non è disgiunto dal ruolo dell’osservatore quale artefice nella formazione del fenomeno stesso. Ciò è alla radice del cosiddetto pensiero magico, come evidenziato in questo intervento.

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